A distanza di 34 anni la Francia ha deciso di collaborare all’inchiesta sul mistero di Ustica. E le prime ammissioni fatte da alcuni ex militari dell’Armeé de l’air ai pubblici ministeri di Roma – stando a quanto trapela da fonti di stampa – sbugiardano quella che è stata fino ad oggi la versione ufficiale di Parigi sui fatti del 27 giugno 1980. Le informazioni raccolte dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal sostituto Erminio Amelio dimostrerebbero che i famosi caccia francesi della base di Solenzara in Corsica non tornarono a terra intorno alle 17, cioè quattro ore prima dell’esplosione del Dc9 Itavia. Volarono invece fino a tarda sera.
Da fonti governative d’Oltralpe, e dalla procura di Roma, arriva un secco “no comment” sull’attività investigativa in corso. Ma nessuno ha smentito la notizia che una decina di ex militari della base di Solenzara siano stati ascoltati dai pm italiani. I colleghi francesi sarebbero anche disposti ad aprire gli archivi della Difesa per ricostruire i movimenti di cacciabombardieri e unità navali nel mar Tirreno, la notte dell’incidente.
La svolta è di quelle di un certo peso per il prosieguo delle indagini e il governo del presidente Francois Hollande aveva già mostrato una nuova sensibilità verso l’Italia sulla strage di Ustica, quando l’anno scorso aveva risposto a una rogatoria della procura di Roma trasmessa nel 2011.
Ai pm romani interessa, in particolare, ricostruire il traffico aereo, capire se era in corso o no un’esercitazione militare, capire se c’erano navi nell’area di mare in cui è precipitato il DC9. Un punto, questo, che è diventato di “notevole interesse investigativo” dopo la testimonianza di un pilota dell’Ati raccolta per caso un anno fa, i
Il primo a parlare della “pista francese” era stato l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: nel 2007 mise a verbale che a far esplodere il Dc9 era stato un missile aria-aria lanciato da un caccia partito da una portaerei, nel tentativo di intercettare un aereo libico con a bordo il colonnello Gheddaf