Non c’è pace, né verità, per le vittime di Ustica. A pochi giorni dall’anniversario della strage che si consumò nei cieli del Tirreno il 27 giugno di quarant’anni fa, a riaccendere le polemiche, sono gli ultimi istanti del volo Itavia, precipitato tra le isole di Ponza e Ustica in circostanze tuttora poco chiare, con a bordo 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio, mentre da Bologna andava a Palermo. L’ultimo colpo di scena – nell’affaire che non ha mai fine – è legato a quel pezzo di parola, Gua, pronunciata dal pilota Domenico Gatti, un attimo prima di precipitare e incisa nel Cockpit Voice Recorder (la seconda scatola nera che tiene traccia delle comunicazioni tra i piloti e quelle terra-bordo-terra) e ad un’inchiesta di Rainews24 che non si sa quando – e se – andrà in onda.
Ma andiamo con ordine. Quell’audio fu prelevato dal registratore di bordo del Dc9, dopo essere stato recupero in mare, nell’87. Fino al ’91 fu oggetto di analisi peritali che conclusero che, quel fonema, era “attribuibile, con alta probabilità, al primo pilota” e parte della parola Guarda… Gatti vide qualcosa all’esterno del velivolo? Di sicuro lo disse al suo secondo, Enzo Fontana, e 1,2 secondi dopo – alle 20,59 – avvenne un improvviso blackout elettrico. E poi il silenzio. Per sempre. Quella parola, sarebbe legata allo scenario di guerra materializzatosi attorno all’Itavia che, secondo le conclusioni dell’istruttoria del giudice Rosario Priore, fu abbattuto da un missile che lo colpì per errore, durante un’azione che aveva, come reale obiettivo, l’aereo del leader libico Gheddafi, in volo in quegli stessi momenti.
Lo Stato, secondo diverse sentenze civili pronunciate contro i Ministeri della Difesa e dei Trasporti, non garantì adeguate condizioni di sicurezza lungo l’aerovia percorsa dall’Itavia 870 dove, è certo, c’erano diversi “intrusi”: caccia militari di Paesi alleati (Francia, Usa e della Nato) o più o meno amici, come la Libia. A distanza di anni, Rainews24, nelle scorse settimane, ha chiesto al sito stragi80.it, curato dal giornalista de La Notizia, Fabrizio Colarieti, di riascoltare quel nastro e trarne un reportage da mandare in onda in occasione dell’anniversario. Il giornalista Pino Finocchiaro, però, ha fatto un passo in più: lo ha fatto ripulire, quel nastro, dai tecnici della Rai, scoprendo che la parola che mancava all’appello è davvero Guarda… e che quella successiva può essere cos’è o che c’è.
Un pezzo di verità su cui anche la Procura di Roma che indaga ancora sul caso Ustica, vuole puntare, avendo immediatamente spedito la Digos ad acquisire l’audio. Ma è bastata un’anticipazione del servizio a riaccendere le polemiche, in particolare quelle sollevata dall’Associazione verità su Ustica, collegata all’ex senatore Carlo Giovanardi, da anni convinto che a tirare giù il Dc9 sia stata una bomba nell’aereo che – va detto – partì con due ore di ritardo ed esplose, sempre secondo la sua tesi, a causa di un attentato che nessuno ha però, ad oggi, mai rivendicato. Per l’ex senatore emiliano, il tracciato radar di Ciampino che mostra che quella notte il Dc9 non era solo, non esiste. Così come non esiste la frase pronunciata dal pilota Gatti.
L’Associazione, in una lettera al presidente della Rai, Marcello Foa, all’Ad Fabrizio Salini e al direttore Rainews24, Antonio Di Bella, afferma che è “lecito dubitare fortemente che tale audio originale, agli atti del processo penale, sia oggi in possesso del sito stragi80.it” e che “non è chiaro come sia stato possibile, sotto il profilo tecnico, ‘ripulire’ un nastro digitale copia di un originale analogico e far comparire qualcosa che sull’originale non c’era”. E poi l’affondo contro la Rai: “La trasmissione rischia pertanto di incorrere nelle ipotesi di depistaggio”. “Ci limitiamo a dire – ha replicato Colarieti – che gli audio estratti dal Cvr sono a disposizione di tutti dal ‘90. La Rai ci ha chiamato per fare un servizio, gli abbiamo fornito l’audio, lo hanno ripulito ed è emerso quello che ora sappiamo e che prima non si conosceva. Il Gua era noto, il Guarda cos’è? no. Sentirci additati come potenziali ‘depistatori’ ci lascia perplessi. C’è un’inchiesta e auspichiamo che la Procura di Roma ordini una nuova perizia sulla scatola nera”.