L’omicidio plurimo di Palermo sui cui dettagli efferati indugiano morbosi i media più per ragioni di share e click che di reale utilità informativa, porta ad alcune non trascurabili considerazioni sul ruolo svolto dal tessuto sociale e istituzionale. No, non sto alludendo al patriarcato anche se la dura e cruda descrizione fattuale è ancora una volta: uomo che uccide moglie e figli.
Il muratore di Palermo Giovanni Barreca ha ucciso moglie e due figli per un esorcismo finito in tragedia
Certo, il movente è meno usuale dei consueti a cui siamo tristemente abituati: gelosia, fine di una relazione e affini. Eppure, anche nel delirante e settario fanatismo religioso che pare costituire allo stato attuale il movente di Giovanni Barreca e dei suoi ipotetici complici (anche loro afferenti alla costola scissionista della comunità evangelica di appartenenza) c’è il tema del possesso. Quello immaginifico del demonio su quelle vite ormai spente, ma – soprattutto – quello reale di Barreca sui suoi familiari.
Il principio d’ordine incarnato dal maschio della famiglia che si afferma in chiave liberatorio sul caos primordiale rappresentato dalla moglie e i figli, in una lettura mistica e manicheista in cui il bene (l’uomo) è distinto dal male (donna e figli) che sono “cosa sua”. La domanda che abbiamo il dovere di porci è: questa tragedia era evitabile? E qui entra in gioco la rete relazionale della famiglia, così come nello specifico la scuola frequentata dai figli. Barreca, a omicidio compiuto, viene descritto dai conoscenti come un violento che usava la forza fisica sulla moglie e che generava un clima di tensione psicologica ed emotiva all’insegna della manipolazione dei figli che arrivavano a condividere con i coetanei considerazioni preoccupanti sulla presenza del demonio.
C’erano stati tanti campanelli d’allarme. Ma li sentiamo solo dopo le tragedie
Perché questo quadro è stato trascurato? Agli insegnanti non era davvero mai arrivato nulla? No, nessuno qui vuole attribuire responsabilità eccessive al corpo docenti – dopo qualche giorno di assenza da scuola dei ragazzi hanno contattato la famiglia per avere informazioni – ma possibile non sia mai stato notato il disagio dei ragazzi agli occhi degli educatori? Alla vicina di casa e alla nonna era del resto ben chiaro: la prima ha raccontato di un Barreca maltrattante che certamente vessava la moglie Antonella, come la donna stessa le aveva confidato. Una confidenza che ha il sapore di una richiesta di aiuto rimasta inascoltata.
La seconda vede la nonna ospite della famiglia e che “scappa via” prima dello scadere del soggiorno concordato, sentendosi a disagio in una casa in cui l’ossessione religiosa incombeva nelle sue più subdole e violente declinazioni. La scuola, la vicina, la nonna. Figure che come tessere di un mosaico tratteggiano il mondo sociale di una famiglia sempre più chiusa – per volere proprio di Barreca – in un pericoloso isolamento. Il caos di Palermo, dunque, ci esorta a riflettere sulla società che stiamo diventando e sulla mostruosità dell’indifferenza che nutriamo nei confronti del prossimo e che si trasforma – generalmente a tragedia avvenuta – nella stucchevole retorica dell’indignazione.