La Procura di Brescia e quella dei minori hanno chiuso le due ultime inchieste sulla strage di Piazza della Loggia 28 maggio 1974 (8 morti e 102 feriti). Quella della Procura minorile riguarda Marco Toffaloni, all’epoca dei fatti 17enne e attualmente residente in Svizzera, mentre quella della Procura ordinaria, coordinata dal procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e dal sostituto Caty Bressanelli, vede indagato Roberto Zorzi, 68enne originario di Verona, che è residente negli Stati Uniti.
La Procura di Brescia, guidata da Francesco Prete, dando conto della chiusura delle indagini condotte dal Ros dei Carabinieri, ha sottolineato la presenza di un “corpus probatorio articolato”. “La chiusura delle indagini – ha spiegato – segna il termine per il deposito di un articolato corpus probatorio, frutto delle complesse attività investigative, del contributo conoscitivo fornito da protagonisti dell’epoca, soprattutto di coloro che hanno ritenuto di lasciarsi completamente alle spalle l’esperienza politica violenta vissuta in quegli anni, oltreché di accertamenti approfonditi su materiale in gran parte di nuova acquisizione”.
“L’impianto accusatorio che emerge – aggiungono gli inquirenti – dagli atti sin qui compiuti ove confermato, inserirebbe la posizione degli odierni indagati, senza fratture, nel quadro già tracciato dal precedente processo Brescia Ter conclusosi nel 2017 con la condanna all’ergastolo di Maurizio Tramonte e Carlo Maria Maggi” (leggi l’articolo).
Nel giugno del 2017 la Corte di Cassazione aveva confermato le condanne all’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, ritenuti responsabili della strage. Quel giorno a Brescia, nella piazza principale della città, l’esplosione provocò la morte di otto persone e il ferimento di oltre cento persone. La sentenza definitiva era arrivata 43 anni dopo e conferma quanto deciso dai giudici d’Appello nel 2015.
Maggi e Tramonte appartenevano all’organizzazione neofascista Ordine Nuovo e rientravano quindi nella galassia della destra eversiva. I giudici, già nella sentenza di secondo grado, avevano evidenziato che con la strategia stragista si puntava a “destabilizzare il sistema politico italiano”.