Se ne parla da quasi vent’anni ma a mettere mano alle regole che disciplinano le cause per diffamazione a mezzo stampa non ci è riuscito nessuno. Eppure stavolta qualcosa sembra muoversi. Già perché domani si riunirà la commissione giustizia del Senato per togliere dalla naftalina, in cui erano finiti dopo che il Capitano aveva abbandonato la nave gialloverde, non uno ma ben due disegni di legge. Si tratta di quello del Movimento 5 Stelle e a prima firma Primo Di Nicola, in cui si affronta il tema delle “liti temerarie”, e quello di Forza Italia, con primo firmatario Giacomo Caliendo, che riguarda il profilo penale della questione.
Occorre precisare che il relatore di entrambi i testi sarà il grillino Arnaldo Lomuti e che, calendario alla mano, la commissione prevede di riuscire a votare gli emendamenti e licenziare, se non entrambi, almeno quello pentastellato. Ma di cosa parlano esattamente i due disegni di legge? Il testo di Di Nicola si compone di un solo articolo e interviene sul codice di procedura civile. La norma stabilisce, infatti, qualora risulti “la mala fede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno”, che il giudice, “con la sentenza che rigetta la domanda”, condanni l’attore, oltre che alle spese, “al pagamento a favore del richiedente di una somma, determinata in via equitativa, non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria”.
Per farla breve, se una persona chiede 100mila euro perché si è sentita diffamato ma il giudice gli dà torto, rischia di pagare la metà della richiesta risarcitoria al giornalista. Discorso diverso per la proposta forzista che, invece, è assai più lunga. Sostanzialmente il testo, tra le tante, abolisce la pena detentiva nei confronti di chi diffama e aumenta “l’importo della multa per il reato di diffamazione” che sarà compresa tra 10mila e 50mila euro.
Insomma due testi molto diversi che FI aveva chiesto di riunire in un disegno di legge unico. Una proposta a cui ha risposto picche la commissione che, invece, ha preferito portarli avanti facendoli viaggiare su binari separati, probabilmente per evitare ulteriori ritardi. Per questo il relatore Lomuti, convinto che finalmente si arriverà a mettere un punto ad una questione irrisolta ha spiegato: “Con la lite temeraria poniamo un serio limite alla strumentalizzazione della giustizia contro la libertà dell’informazione”. Tuttavia a qualcuno può sembrare che questa sia una vicenda di poco conto ma non lo è affatto. Anzi si può dire che non si poteva rimandare ulteriormente perché il tribunale di Salerno e dopo quello di Modugno, in provincia di Bari, avevano sollevato dubbi di costituzionalità sulla misura del carcere per il giornalista condannato per diffamazione.
Una vicenda che entrambi gli uffici giudiziari hanno rimandato alla Corte Costituzionale che, entro primavera, dovrà prendere una decisione e che, come già accaduto con la questione sul “fine vita”, rischia di essere l’ennesimo smacco alla politica. Ma c’è di più perché sulla vicenda si è espressa anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo (Cedu) che, con una sentenza, ha decretato come la misura detentiva lede i diritti dell’uomo e che l’Italia deve porvi rimedio. Insomma un tema spinoso di cui se ne sta occupando anche l’associazione “Ossigeno per l’informazione”, quella che monitora i casi di minacce e gravi abusi a danno di giornalisti, che la mattina del 25 ottobre terrà un convegno al Senato. Proprio il segretario Giuseppe Mennella ha spiegato che: “È un bene approvare il disegno di legge di Di Nicola e credo che la sua portata andrebbe ampliata dall’ambito civile a quello penale”.