Qualcosa per evitare che persino i boss irriducibili, quelli che non hanno mai collaborato con la giustizia, possano tranquillamente ottenere permessi premio e benefici vari si può e si deve fare. Davanti alle bocciature del cosiddetto ergastolo ostativo giunte dalla Corte di giustizia europea e dalla Corte Costituzionale, il presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra (nella foto), a novembre aveva assicurato che sarebbe stata trovata una soluzione. Dopo lunghe audizioni e con un lavoro intenso e corale da parte dell’intera commissione, che non ha guardato alle insegne di partito ma all’obiettivo di combattere con i fatti le organizzazioni mafiose, ora è stata messa a punto una relazione, che ha avuto come relatori il senatore Pietro Grasso, di Leu, e la deputata Stefania Ascari, del Movimento 5 Stelle, in cui sono state indicate le possibili strade da percorrere. A partire da quella di un Tribunale unico e veloce per affrontare casi così delicati.
L’ANALISI. La Commissione parlamentare antimafia, negli ultimi mesi, ha audìto sul tema il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, il presidente della commissione carceri ed esecuzione della pena del Consiglio superiore della magistratura, i presidenti dei tribunali di sorveglianza di Bologna e Roma e un accademico, esperto della tematica, docente di diritto costituzionale presso l’Università degli studi Roma Tre. Tutti hanno concordato sull’opportunità che una eventuale modifica legislativa riguardi tutti i benefici penitenziari indicati nell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario oltre che la liberazione condizionale, essendo altrimenti prevedibili ulteriori successivi interventi della Consulta. E tutti hanno sottolineato che sarà comunque il condannato a dover fornire gli elementi idonei a superare la presunzione di attualità di collegamenti con la criminalità, per ottenere la concessione del beneficio, che comunque costituirà un’eccezione alla regola. Il problema che si è però manifestato è stato quello sulla competenza a decidere su tali richieste.
LE IPOTESI. Ribadendo che l’ergastolo ostativo “ha costituito un meccanismo fondamentale nel processo di smantellamento delle organizzazioni nostrane, stante le loro peculiarità strutturali”, l’Antimafia ha quindi ipotizzato due soluzioni. Una prevede una giurisdizione esclusiva in capo al Tribunale di sorveglianza di Roma in materia di valutazione dell’accesso ai benefici per i condannati su cui pesa l’ergastolo ostativo, compresi i permessi premio. E la competenza sui reclami potrebbe andare a una sezione della Corte d’appello di Roma integrata dalla presenza di esperti, ma potrebbe anche escludersi il reclamo e prevedere esclusivamente il ricorso in Cassazione.
Una seconda ipotesi, considerata immediatamente praticabile, prevede invece un “doppio binario”, con una disciplina differenziata in ragione della tipologia di reati per cui il soggetto è stato condannato. E la competenza per i permesso premio presentate dai condannati e dagli internati per reati associativi, per delitti mafiosi e di criminalità organizzata, eversiva o terroristica e per traffico di stupefacenti andrebbe assegnata al tribunale di sorveglianza territoriale. Per gli altri reati la competenza resterebbe invece al magistrato di sorveglianza. Ribadita infine l’urgenza di realizzare la banca-dati nazionale dei carichi pendenti.