Dopo sette giorni di dottrina Stoltenberg, il conflitto in Ucraina – come anche quello in Medio Oriente – appare sempre più vicino a un’escalation dagli esiti imprevedibili. Difficile restare sorpresi perché il segretario generale della Nato, da sabato scorso, non fa che ripetere, a cadenza quotidiana, che gli alleati devono dare a Volodymyr Zelensky il via libera a colpire in Russia usando le armi occidentali.
Una richiesta che Jens Stoltenberg continua a motivare come “parte del diritto all’autodifesa” dell’Ucraina e per questo, nelle ultime ore, in tanti hanno storto la bocca davanti alle dichiarazioni dello stesso leader della Nato, che ha sentito il bisogno di raccomandare a Zelensky di colpire sul suolo russo rispettando “il diritto internazionale e in modo responsabile”.
Stoltenberg convince pure Biden
Parole che sembrano mettere le mani avanti in vista di una possibile reazione del Cremlino, così da scaricare tutte le responsabilità sull’Ucraina. Quel che è certo è che l’opera di convincimento di Stoltenberg sta convincendo l’Occidente, che, poco alla volta, vede crescere il fronte di quanti sono disposti a concedere a Kiev l’okay a lanciare contrattacchi in profondità contro la Russia di Vladimir Putin.
Gli ultimi ad aderire alla linea bellicista del leader della Nato sono stati l’Olanda e, soprattutto, gli Usa di Joe Biden, che hanno autorizzato l’Ucraina a colpire la sola regione di Belgorod, da cui partono gli attacchi verso Kharkiv, usando tassativamente missili a breve gittata. Intendiamoci, la mossa degli Stati Uniti, sebbene arrivi dopo giorni di apparente riluttanza, è stata più che telefonata perché appare difficile credere che la Nato si sia mossa senza l’ok di Washington.
Zelensky esulta e chiede subito altre concessioni
Quel che è certo è che, appena Biden ha sciolto le riserve, Zelensky ha subito esultato e chiesto agli alleati di fare di più. Infatti, il presidente ucraino ha salutato la decisione degli Stati Uniti di revocare parzialmente le restrizioni sull’uso delle armi a lui donate, affermando che “questo è un passo avanti verso l’obiettivo di difendere il nostro popolo nei villaggi al confine”.
Poi, però, in un’intervista al Guardian ha alzato il tiro, affermando che gli Stati Uniti “devono credere di più in noi”, aggiungendo che l’Ucraina deve essere in grado di usare “armi potenti e a lungo raggio” per colpire obiettivi in profondità nel territorio russo. E per convincere Biden, su cui c’è da giurarci che inizialmente terrà il punto ma che presto o tardi farà cadere anche questo tabù, ha detto che il ritardo nelle forniture militari e nell’autorizzare il loro uso oltre confine “è costato innumerevoli vite umane”.
Le proteste del Cremlino
Quel che è certo è che Kiev, incassato l’ok degli Usa, non ha tardato a sferrare un attacco in Russia, anche se, almeno per il momento, non è chiaro se siano state già impiegate armi Nato. Al momento, le principali agenzie internazionali riportano di un attacco missilistico condotto dall’esercito ucraino a un deposito petrolifero nella regione russa di Krasnodar, quindi ben distante dalla regione di Belgorod. Anche se questo attacco potrebbe essere stato effettuato con armi di produzione ucraina, resta il fatto che la dottrina Stoltenberg, che mira a colpire le infrastrutture russe, è già operativa.
Lo sanno bene al Cremlino che, commentando quanto sta accadendo, ha parlato di “provocazioni” dell’Occidente aggiungendo, come affermato dal portavoce Dmitry Peskov, che Mosca è a conoscenza “che hanno già effettuato attacchi con armi americane”, l’ultimo soltanto giovedì notte, quando è stata presa di mira la Crimea, e che in queste ore “stanno provando ad effettuarne altri” sempre “sul territorio russo con armi di fabbricazione statunitense”. Proprio per questo, il portavoce di Putin ha aggiunto che tutto ciò “è la prova del coinvolgimento diretto dell’America nel conflitto”.
Mosca ammonisce la Nato di Stoltenberg
Insomma, di questo passo non si può escludere che il conflitto regionale si trasformi in una guerra mondiale. A dirlo chiaro e tondo è il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, secondo cui “l’assistenza individuale da parte dei Paesi della Nato contro la Russia, che si tratti di requisire i suoi missili da crociera a lungo raggio o di inviare un contingente di truppe in Ucraina, rappresenta una grave escalation del conflitto” e per questo “l’ex Ucraina e i suoi alleati della Nato riceveranno una risposta di tale forza distruttiva che l’Alleanza stessa non potrà fare a meno di essere coinvolta nel conflitto”.
Un lungo intervento in cui il fedelissimo di Putin ha fatto notare che “dopo tutto, come ha giustamente sottolineato il presidente russo, i Paesi europei hanno una densità di popolazione molto elevata. E per quei Paesi nemici le cui terre sono al di là della zona di copertura delle Tnw (bombe nucleari tattiche, ndr) c’è, infine, un potenziale strategico”.
“E questa, ahimè, non è né intimidazione né bluff nucleare. L’attuale conflitto militare con l’Occidente si sta sviluppando secondo il peggior scenario possibile. Si assiste a una costante escalation della potenza delle armi Nato applicabili. Pertanto, nessuno può escludere che il conflitto passi oggi alla sua fase finale” ha concluso Medvedev. Parole a cui ha risposto indirettamente il solito Stoltenberg, il quale, anziché provare a calmare le acque, ha lanciato l’ennesima provocazione: “Dobbiamo assicurarci che Mosca capisca che siamo preparati per il nostro sostegno a lungo termine all’Ucraina”.