Dopo due anni gli stipendi tornano a crescere a un ritmo maggiore dei prezzi. I salari, nel 2024, sono infatti cresciuti più dell’inflazione, stando agli ultimi dati Istat. Per le retribuzioni contrattuali l’incremento è stato del 3,1% rispetto all’anno precedente. Non una salita esponenziale, ma grazie a una crescita contenuta dei prezzi finalmente i lavoratori sono riusciti a recuperare una piccola parte del potere d’acquisto perso negli scorsi anni a causa della crisi inflattiva.
Salgono gli stipendi: per chi aumentano di più le retribuzioni
La crescita maggiore dei salari si è registrata nel settore privato e, in particolare, nel comparto industriale. Ben diversa la dinamica nella pubblica amministrazione, con retribuzioni stazionarie a causa del mancato rinnovo dei contratti. Gli aumenti maggiori si sono registrati nel comparto industriale (+4,6%) e nei servizi privati (+3,4%).
Salari fermi per 6,6 milioni di lavoratori ancora in attesa dei rinnovi
Gli aumenti degli stipendi non riguardano però tutti i lavoratori, anzi. A fine dicembre del 2024 sono ben 28 i contratti in attesa di rinnovo, per un totale di 6,6 milioni di dipendenti (ovvero il 50,8% del totale). Un dato sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente, quando si attestava al 51,5%.
Il tempo medio di attesa per il rinnovo per i lavoratori con contratto scaduto è diminuito dai 34,1 mesi del gennaio 2024 ai 21,7 mesi di dicembre. A fine dicembre sono invece 47 i contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica e riguardano il 49,2% dei dipendenti: parliamo di circa 6,4 milioni di lavoratori per un 47,3% del monte contributivo totale.
Stipendi, l’Italia resta indietro
Il lieve aumento delle retribuzioni non è però sufficiente, come sottolinea Confesercenti: “Nonostante il recupero, spinto anche dai rinnovi contrattuali, la dinamica dei redditi familiari in Italia risulta ancora molto meno accentuata rispetto agli altri grandi paesi dell’Unione europea”. Il reddito medio italiano, oggi a 31.200 euro, è infatti “inferiore del 33% rispetto a quello tedesco (46.300 euro) e del 25,5% rispetto a quello francese (41.900 euro). Permane un lieve vantaggio sulla Spagna (30.300 euro), ma il divario si è ridotto a soli 900 euro, rispetto ai 2.700 euro del 2001”.
Confesercenti conclude: “A pesare sui redditi, l’elevata incidenza del prelievo fiscale. La prevista riforma del Fisco avrebbe potuto e dovuto correggere questa distorsione, ma la sua definizione è ancora in attesa, resa ora più complessa dalle recenti correzioni del Pil”.