Dagli stipendi alle pensioni, dalla riforma dell’Irpef alla Quota 103, passando per il taglio del cuneo fiscale. Le premesse per la manovra del prossimo autunno non sono delle migliori e tutte queste misure sono quantomeno a rischio. La Commissione europea, dopo le elezioni di giugno, avvierà la procedura d’infrazione per disavanzo eccessivo, come già annunciato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Un esito scontato, considerando il deficit al 7,2% del Pil. Ma cosa succederà concretamente? Quali saranno le conseguenze pratiche?
Le prossime tappe
A fine giugno la Commissione indicherà quella che nel nuovo Patto di stabilità è stata definita la traiettoria tecnica che ogni Paese dovrà seguire per ridurre il debito: un percorso di quattro anni, estendibile a sette. Il primo rischio concreto è quello di una manovra bis, che potrebbe arrivare già a inizio estate. E di conseguenza il rischio è che vengano a mancare risorse per la prossima legge di Bilancio.
Le risorse per la manovra: a rischio stipendi e pensioni
Per la prossima manovra la base di partenza minima è di 20 miliardi: parliamo soltanto delle risorse necessarie per confermare per un altro anno alcune delle misure chiave introdotte dal governo Meloni nella scorsa manovra. Per esempio ci sono i circa 10 miliardi necessari per confermare il taglio del cuneo fiscale al 7% per i redditi sotto i 25mila euro (e al 6% tra 25mila e 35mila).
Sugli stipendi peseranno anche i 4,3 miliardi necessari per confermare la nuova Irpef a tre scaglioni, entrata in vigore a inizio anno. Bisognerà rinnovare anche altre misure, come le deduzioni per le assunzioni e la riduzione del canone Rai a 70 euro, così come dovranno essere rifinanziate le missioni internazionali.
Non sarà possibile fare nuovo deficit, quindi per reperire queste risorse le soluzioni restano poche. E le più probabili sono i tagli alla spesa e le maggiori entrate. L’altro capitolo critico è quello delle pensioni, per le quali servono altre risorse, soprattutto con la scadenza della Quota 103 con penalizzazioni.
A fine anno scadranno anche l’Ape sociale e l’Opzione donna, già drasticamente ridotte con i criteri più stringenti introdotti dal governo Meloni. La riforma delle pensioni promessa dalla destra sembra quasi impossibile per il prossimo anno. Più probabile, quindi, la proroga della Quota 103 con penalizzazioni o una Quota 104 (63 anni di età e 41 di contributi), magari sempre con penalizzazioni.