Come se nulla fosse. Per Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, negli stabilimenti italiani non c’è nessun problema. Non c’è quello degli esuberi (oltre 3.500 già annunciati) e non c’è quello del calo della produzione. Tavares si presenta a Mirafiori provando a rassicurare sulle attività del gruppo in Italia, spiegando che l’ipotesi di lasciare il Paese sono “fake news” che “aprono la finestra per fare entrare i cinesi”.
Eppure di rassicurazioni concrete non ne arrivano. “Siamo in grado di tenere testa ai competitor cinesi”, assicura. E in fondo dà tutta la colpa a eventuali altri investitori nel Paese: “L’arrivo di un competitor porta a ridurre la quota di mercato di chi è leader come noi in Italia, se siamo sotto pressioni possiamo accelerare la produttività per ridurre i costi. Inoltre se perdiamo quote di mercato servono meno stabilimenti”. Parole che sembrano anche avvertimenti al governo, che vuole puntare su un nuovo polo produttivo dell’automotive.
Stellantis, Tavares sul piede di guerra ma senza rassicurazioni per l’Italia
Per l’ad introdurre la concorrenza cinese sarebbe “una grande minaccia: noi combatteremo, ma quando si combatte possono esserci vittime. Non aspettatevi che usciremo vincitori senza cicatrici”. Poche rassicurazioni da Tavares sono arrivate anche nel confronto con i sindacati metalmeccanici. I lavoratori hanno chiesto risposte concrete, soprattutto sulla riduzione della produzione a Mirafiori, Melfi e Cassino. Ma da Tavares non è arrivato alcun impegno concreto per gli stabilimenti italiani, al di là di quello – ormai noto ma sempre più lontano – del milione di veicoli l’anno da produrre in Italia.
Insomma, Tavares continua a dire che l’Italia è centrale per Stellantis, ma alle parole non seguono i fatti. Tanto che la Fiom lamenta la mancanza di garanzie su produzione e saturazione degli impianti. Resta in piedi, quindi, lo sciopero di otto ore proclamato per il 12 aprile dai sindacati metalmeccanici a Torino.