Prima i consigli non richiesti: “Il Movimento deve ripartire dalle sue parole chiave ma non lo può fare perché ha già deciso che va di là”. Poi la rinuncia al ricorso contro l’espulsione: “Io ho detto che avrei fatto ricorso al giudice ordinario per poter rientrare nel Movimento ma siccome quella causa rischio di vincerla, cosa faccio? Rientro in una casa che è senza identità?”. E infine detta le condizioni per tornare, anche se nessuno gliel’ha chiesto: “Tornerei nei 5 Stelle solo se si facesse cadere il Governo con Pd e si tornasse a una terzietà”.
E’ un Gianluigi Paragone in stato confusionale quello che da giorni martella contro il Movimento (da cui è stato espulso) per le scelte politiche fatte (il Governo con il Pd) e la débâcle elettorale alle Regionali in Emilia Romagna e Calabria. “Allora riprendiamo le nostre parole forti contro l’Europa e contro l’euro che è fonte di tremenda ingiustizia – ha incalzato l’ex conduttore della Gabbia -. Riprendiamo in mano le parole forti, potenti, radicali. Altro che facilitatori! I facilitatori sono come questo ciuccio – ha ironizzato mostrando alla web cam una tettarella di gomma da neonato -. Parole forti e azione anti sistema, ecco cosa dobbiamo fare”. L’ex direttore de La Padania, il fu quotidiano della Lega, non ha dubbi: “Non credo a iniziative calate dall’alto, ma la voglia di ripartire c’è”. Pure tra i 5S. Ma senza di lui.