di Alessandra Fassari
In altri tempi sarebbe stato un disastro. Ma ormai che i buoi sono scappati, i mercati sono depressi e la crisi è da troppo tempo sotto gli occhi di tutti, allarmi come quello lanciato martedì dall’agenzia di rating Standard & Poor’s scivolano via lasciando un po’ di polemiche ma quasi nessun’altra traccia. La riprova è arrivata dalle aste di ieri di Bot, a poche ore dal downgrade del rating sovrano italiano. Ebbene, i titoli annuali sono stati collocati dal Tesoro senza problemi, registrando una buona domanda e tassi in lieve aumento, come da attese. Anche l’asta di oggi, che prevede l’emissione fino a 6,5 miliardi di euro tra CcTeu e BTp a 3 e 30 anni, dovrebbe seguire lo stesso copione: tassi su livelli sostanzialmente stabili per il BTp triennale e in lieve rialzo per il titolo a 30 anni che lo scorso maggio è stato collocato in prima tranche al 4,98%. Poco mosso a fien giornata anche lo spread tra Bot e Bund tedeschi, in leggera risalita a quota 278 punti base. Niente da preoccuparsi, dunque? No. la preoccupazione resta.
Agenzie di rating screditate
“E’ aperto un dibattito sul ruolo delle agenzie di rating sull’orientamento in fatto di investimenti, ma decisioni non sostenute da analisi condivisibili possono avere effetti prociclici e destabilizzanti” e “alla fine ciò che conterà sarà la valutazione dei risparmiatori italiani e stranieri che investono sui nostri titoli di Stato”, ha detto ieri il ministro dell’Economia e delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, intervenendo all’assemblea annuale dell’Abi, l’associazione bancaria italiana. Una sostanziale bocciatura della credibilità di S&P, anche se di effetti più rischiosi ha parlato, nella stessa sede, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Un peggioramento dello spread “restringerebbe ancora i margini di manovra delle finanze pubbliche; si ripercuoterebbe sulla provvista delle banche e quindi sulla disponibilità e sul costo del credito a imprese e famiglie”. ha detto il numero uno di Via Nazionale. Secondo Visco “non possiamo rischiare di perdere la fiducia degli investitori, fragile e, come abbiamo visto, esposta alle mutevoli valutazioni degli analisti. Le politiche di bilancio devono rimanere responsabili; le riforme già definite e quelle da attuare vanno collocate in un disegno organico, enunciandone con chiarezza le finalità”. Visco aveva ricordato che “l’alto debito pubblico e le deboli prospettive di crescita del nostro Paese, nonchè le incertezze sulla governance europea, rendono i premi per il rischio sui titoli pubblici altamente sensibili ai mutamenti del clima di fiducia dei mercati, come evidenziato anche di recente dalle ampie fluttuazioni dei differenziali d’interesse rispetto ai Bund tedeschi”.
L’Fmi insiste
Sulla crisi e come uscirne, dall’Europa intanto continuano ad arrivare le solite ricette, per quanto amare e fino ad oggi di nessun effetto a parte aggravare le condizioni dell’ammalato, dalla Grecia alla Spagna, fino a casa nostra. L’Italia rispetti le raccomandazioni dell’Ecofin, ci ripete Bruxelles. Raccomamdazioni che ingerendo nelle scelte di un paese (ancora) sovrano chiedono di non tagliare l’Imu; la tassa sugli immobili. L’Italia prosegua nel consolidamento favorevole a crescita, ripete l’Unione europea, pur riconoscendo gli sforzi fatti per ritrovare credibilità. Sforzi che Saccomanni vede ben indirizzati, tanto da affermare sempre ieri all’Abi che ”la ripresa in Italia è attesa a partire dal quarto trimestre di quest’anno e prenderà vigore nel 2014”. Chissà se avrà ragione.