La seduta della Commissione d’inchiesta sulle banche è slittata. All’ordine del giorno c’era anche l’elezione del presidente. Ed è sul nome di chi guiderà i lavori dell’organo d’inchiesta volto a far luce sui crac bancari – ultimo quello della Popolare di Bari – che si consuma la polemica. In campo c’è il senatore grillino Elio Lannutti. La sua non è un’autocandidatura. La designazione del fondatore dell’Adusbef nasce su indicazione precisa del gruppo parlamentare pentastellato. Che ne ha, a quanto risulta a La Notizia, informato a suo tempo il Pd. Appena una settimana fa, il capo politico Luigi Di Maio lo ha addirittura invitato ad “andare avanti”. Fino a ieri. Quando, dalle prime ore del mattino, Pd e Italia viva alzano il fuoco (amico?) contro Lannutti.
Fonti M5S fanno sapere che “il nome del presidente sarà frutto di un accordo di maggioranza”. Una nota, così la leggono in molti tra i 5 Stelle, che suona come una presa di distanze di Di Maio. E la frattura tra il leader M5S e i gruppi parlamentari riemerge plasticamente. “Lannutti è la persona con gli skills maggiormente adeguati per quel ruolo. Insisteremo”, afferma Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio del Senato. E tutti i componenti della commissione Finanze di Palazzo Madama gli “si stringono” attorno parlando senza mezzi termini di “vile attacco” ai danni di Lannutti. Idem il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. A decidere sarà il Parlamento, taglia corto il viceministro dell’Economia Laura Castelli, rilanciando la posizione di Di Maio.
Il fondatore dell’Adusbef non ci sta: in passato senatore dell’Italia dei valori, annuncia di aver affidato ad Antonio di Pietro e ad Antonio Tanza “la tutela del suo onore”. Ed è con Di Pietro che nel primo pomeriggio va a trovare Beppe Grillo. Un incontro al termine del quale conferma: “Il candidato alla presidenza della commissione banche sono io”. Chi lo attacca va sul personale. Il deputato dem Emanuele Fiano non gli ha mai perdonato un tweet che attirò sul senatore accuse di antisemitismo: “Sicuramente non avrà i nostri voti”. “Dovrebbe essere lui a ritirarsi. Mi auguro che abbia la sensibilità di togliere la maggioranza da questo grande, gigantesco imbarazzo”, scrive la dem Alessia Morani. E al ministro Pd che non chiude la porta in faccia a Lannutti (“Dipende da che impostazione vuole dare alla commissione”) replica per le rime il suo compagno di partito Andrea Romano: “No, caro Francesco Boccia: non serve ‘vedere cosa propone’ per valutarne la totale incapacità a guidare la commissione”.
“Il M5S ci tolga dall’imbarazzo e ritiri la candidatura: scegliamo insieme”, dice il renziano Davide Faraone. Le truppe ostili montano il caso del presunto conflitto di interessi del senatore: il figlio lavora alla Popolare di Bari. Ma Lannutti respinge tutte le accuse. “Mi sono scusato il giorno dopo. Ho pronte le denunce contro chi mi accusa di antisemitismo”. E ancora: “Mio figlio è un semplice impiegato della Popolare di Bari. Basta fango”. Come se ne esce? Un suo passo indietro non è escluso. Ma solo se a chiederglielo fossero Grillo o Di Maio in persona. Il senatore del resto non vuole diventare l’alibi del Pd e Iv per bloccare la commissione. In alternativa ci sono Carla Ruocco e Laura Bottici, questore del Senato. Girano pure i nomi dei dei deputati Raphael Raduzzi e Alvise Maniero. Sulla Ruocco – la cui disponibilità sarebbe stata sondata nelle ultime ore – potrebbero convergere anche il Pd. Che si accomoderebbe così sulla poltrona della commissione Finanze della Camera liberata proprio dalla Ruocco.