di Stefano Iannaccone
La lotta agli sprechi alimentari rischia di diventare uno spreco di energie. Perché la normativa è un quadro di buone intenzioni, ma “priva di un intervento efficace”, spiega un tecnico che ha seguito l’iter. I fondi stanziati sono appena 5 milioni, di cui 3 per il 2016 e il resto spalmato su 2017 e 2018. E come se non bastasse quei soldi possono finire in un calderone di vaghezza con il pericolo di creare clientele. Gli investimenti, secondo quanto previsto, sono “relativi alla ricerca e allo sviluppo tecnologico nel campo del confezionamento dei prodotti alimentari, finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze, con particolare riferimento ai beni”.
CLIENTELE – Ma non solo. Da Forza Italia arriva un allarme in questa direzione: “Nessuno può ragionevolmente escludere che, soprattutto i periodi elettorali, un’attività che dovrebbe essere tipicamente solidaristica possa trovare una finalizzazione verso il consenso politico. In questo rilevante provvedimento, visti i numeri della povertà si poteva e doveva fare meglio e di più”, ha detto il deputato azzurro, Paolo Sisto. Evidenziando la necessità di coinvolgere gli uffici pubblici. Certo, la proposta di legge segna alcuni passi avanti. “Come qualsiasi testo unico raccoglie una serie di iniziative, cercando un compromesso. Quindi presenta dei deficit”, ammette a La Notizia Serena Pellegrino, deputata di Sinistra italiana. Che però “ritiene un fatto importante, perché introduce dei sistemi importanti come la possibile diminuzione della tassa dei rifiuti per gli esercizi commerciali che prestano attenzione a limitare gli sprechi”.
QUESTIONE DI SOLDI – Il testo insomma non mette a disposizione una quantità di risorse accettabile. Ma incardina una serie di successivi interventi da parte delle amministrazioni locali. Infatti, proprio il teorico sgravio della tassa sui rifiuti è affidato agli Enti locali. “Il comune può applicare un coefficiente di riduzione della tariffa proporzionale alla quantità, debitamente certificata, dei beni e dei prodotti ritirati dalla vendita e oggetto di donazione”, si legge nella norma. “Le detrazioni saranno affidate alla buona volontà e alle disponibilità economiche dei singoli Comuni”, accusa il Movimento 5 Stelle. In generale, sottolineano i pentastellati: “Il mancato stanziamento di fondi rischia di rendere questa proposta di legge monca. Sarebbe bastato invece un piccolo sforzo da parte delle casse dello Stato per incentivare in modo sostanziale il contrasto allo spreco alimentare e aiutare così moltissimi nostri concittadini che versano in condizioni di indigenza”. E del resto la commissione Bilancio alla Camera ha posto la condizione che la norma non deve comportare nuove spese. La proposta di legge, che ora passa all’esame del Senato, non sembra dunque incisiva su un problema gigantesco. Solo nei Paesi dell’Unione europea, infatti, si sprecano circa 90 milioni di tonnellate di cibo ogni anno: in media180 chilogrammi a persona. E il 55% degli alimenti sprecati è consumabile. Per questo la deputata Pellegrino pone l’accento su un aspetto: “Dobbiamo iniziare a considerare i rifiuti come risorse”.
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