Nel nuovo quadro di incertezza che il conflitto in Israele apre, c’è un sorvegliato speciale ed è il nostro Paese. A dircelo ancora una volta è lo spread tra Btp e Bund che si è, con la seduta di ieri, consolidato sopra l’asticella dei 200 punti base.
Nel finale di contrattazioni sul mercato secondario Mts il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark e il pari scadenza tedesco è stato indicato a 206 punti base, stesso livello dell’apertura e tre punti al di sopra del finale di venerdì. Il decennale italiano ha reso nel finale il 4,83%, lievemente in calo dal 4,90% della mattina e dal 4,91% del closing di venerdì.
A preoccupare gli analisti e i mercati è il macigno del debito che si accompagna a una crescita che langue e alla previsione, nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, di un extra-deficit che vale 23,5 miliardi tra 2023 e 2025.
Solo lo sforamento per il prossimo anno vale 15,7 miliardi e dovrebbe finanziare per due terzi la Manovra del 2024. Come ha spiegato il Financial Times, i rendimenti sono alti a causa delle preoccupazioni degli investitori legate soprattutto a due motivi: le previsioni di un alto deficit per l’Italia e il timore di tassi d’interessi più alti e più a lungo del previsto.
Uno studio di Oxford Economics commentando la Nadef e le scelte del governo Meloni ha evidenziato che i mercati finanziari saranno “molto nervosi” a causa della decisione di intraprendere un approccio fiscale per nulla conservativo, con una revisione al rialzo del deficit.
Poi l’Economist. L’Italia – ha ricordato il settimanale – è uno degli Stati membri dell’Ue più indebitati e i suoi piani di bilancio non sono affatto responsabili. Infine dalla Germania è arrivato il giudizio degli analisti di Scope. “Deficit di bilancio più alti potrebbero indebolire il profilo di credito” del Paese, hanno detto. “Le revisioni al ribasso di crescita e prospettive di bilancio confermano – ganno aggiunto – la preoccupazione che l’Italia abbia un percorso ristretto per consolidare le finanze pubbliche”.
Non basta lo spread: la zavorra del debito
Ieri ad accendere un faro sulla zavorra del debito sono state la Corte dei Conti e la Banca d’Italia nel corso delle audizioni sulla Nadef. “L’elevato rapporto tra il debito pubblico e il Pil è un serio elemento di vulnerabilità: riduce gli spazi di bilancio per fare fronte a possibili futuri shock avversi; espone il Paese al rischio di tensioni sui mercati finanziari; aumenta il costo del debito per lo Stato, e in ultima analisi per le famiglie e le imprese”, ha detto Sergio Nicoletti Altimari, capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia.
E sullo spread: “Gli aumenti delle ultime settimane sono un campanello di allerta che non deve portare a eccessivi allarmismi – ha spiegato – ma deve rinforzare lo sforzo di mettere in sicurezza i conti pubblici”.
Nel week-end, in un’intervista al Financial Times, il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, ha detto di non credere che il rialzo dello spread sia componente di un attacco speculativo contro il Paese ma certamente, ha aggiunto, c’è un segnale di una preoccupazione dei mercati da non trascurare che Visco lega alle prospettive del tasso di crescita potenziale italiano a lungo termine.
“Il perdurante stato di incertezza del quadro generale, economico e finanziario, colloca ora la posizione debitoria del nostro Paese su un sentiero molto stretto; ne consegue la necessità di un attento monitoraggio affinché la pur modesta riduzione del rapporto debito/Pil programmata per il prossimo triennio sia effettivamente conseguita”, ha detto il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino.
E ancora: Il quadro tendenziale descritto nella Nadef “delinea spazi molto stretti sia per confermare e mantenere gli obiettivi di rientro, seppur graduale, del debito, sia per onorare gli impegni assunti con il Pnrr. Esso si fonda su una previsione di spesa nei principali comparti molto contenuta. Se appare, infatti, corretto l’implicito richiamo in tutte le aree dell’azione pubblica ad un più attento utilizzo delle risorse, vanno considerati i rischi di ulteriore ricorso a maggiore indebitamento”.