Spese militari, annata record per le industrie di armi: il giro d’affari globale sfonderà i 2.500 miliardi di dollari. E il governo italiano spinge per gli Eurobond di guerra

Negli ultimi 10 anni la spesa militare italiana salita del 60%. Nel 2024 toccherà l'1,42% del Pil, verso il 2% richiesto dalla Nato

Spese militari, annata record per le industrie di armi: il giro d’affari globale sfonderà i 2.500 miliardi di dollari. E il governo italiano spinge per gli Eurobond di guerra

La guerra rende ricchi chi fabbrica le armi. E se le guerre sono tante, quelli diventano ancora più ricchi. Non ci voleva uno studio per comprendere questa semplice verità. Ma i numeri contenuti nel rapporto di Mediobanca sul comparto Difesa presentato ieri dall’Ad Alberto Nagel rendono bene l’idea.

Per Mediobanca, infatti, la spesa per la difesa ha toccato un nuovo record a livello globale, arrivando a sfiorare i 2.500 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 2.443 miliardi del 2022, pari a 306 dollari a persona. A beneficiarne, naturalmente, sono stati i bilanci delle aziende degli armamenti, il cui giro d’affari a livello globale ha sfiorato i 615 miliardi l’anno scorso.

Una crescita inarrestabile: nel 2025 sarà del +12%

E, secondo il rapporto – che ha esaminato 40 multinazionali che rappresentano il 60% del giro d’affari totale, nonché 100 aziende italiane – i ricavi sono destinati a salire ulteriormente del 9% alla fine di quest’anno, con un ritmo più che doppio rispetto a quello del Pil globale (+3,2%), con i gruppi europei in accelerazione rispetto ai big statunitensi. E continueranno ad aumentare l’anno prossimo (+12%).

Il governo Meloni spinge per gli Eurobond di guerra

A questa escalation funesta di crescita della spesa bellica, l’Italia non si sottrae. Dovrà però, secondo Nagel – oltre a chiedere alla Ue di scorporare le spese per la difesa dal patto di stabilità – decidere se dirottare verso il settore militare parte della spesa pubblica finora dedicata al welfare, ossia a sanità e istruzione. Una scelta non proprio popolare, così l’ipotesi indicata è l’emissione di Eurobond. Proposta subito sposata dal sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, che ieri ha fatto appello agli investitori perché mettano capitali nelle imprese del comparto, sicuri che non deluderanno visti i profitti che fanno.

In Italia Leonardo e Fincantieri in vetta alla piramide della guerra

Mediobanca ha anche stilato la fotografia delle 100 maggiori aziende italiane della difesa: una piramide con in testa Leonardo e Fincantieri, entrambi controllati dallo Stato, che ha generato utili netti cumulati nel triennio 2021-2023 pari a 4,5 miliardi e profitti l’anno scorso per 1,6 miliardi (+11,2% sul 2021). Il fatturato delle top100 italiane è stato di 40,7 miliardi nel 2023, per poco meno della metà dalla difesa e pari a circa 20 miliardi (+6,6% sul 2022 e +14,7% sul 2021), con un valore aggiunto che vale lo 0,3% del Pil italiano.

La silenziosa corsa italiana verso il riarmo

Numeri possibili anche grazie alla corsa agli armamenti che, silenziosamente, lo stato italiano ha intrapreso da tempo. Secondo l’Osservatorio Milex, infatti, per la prima volta nella storia della Repubblica il budget militare supererà i 30 miliardi attestandosi nel 2025 a 32 miliardi di euro. Di questi, ben 13 miliardi saranno destinati all’acquisto di nuovi armamenti.

La spesa militare aumentata del 60% in soli 10 anni

In soli dieci anni, la spesa militare italiana è aumentata del 60%, passando dai 19,9 miliardi del 2016 ai 32 miliardi previsti per il 2025. Ma è nell’ultimo quinquennio che la corsa agli armamenti ha accelerato vertiginosamente, segnando un +77%: nel 2021 si spendevano 7,3 miliardi in nuovi armamenti, mentre nel 2025 se ne spenderanno quasi 13.

In termini di Pil, la spesa militare italiana arriverà così all’1,42%, avvicinandosi sempre più a quel 2% richiesto dalla Nato. Ma, se si aggiungono i costi indiretti per basi militari e le quote di compartecipazione per spese di natura militare in ambito Ue, si supereranno i 33 miliardi di euro. Un’escalation che ha come altra faccia della medaglia il taglio della spesa sociale. Più bombe, meno scuole, con grande felicità del governo Meloni.