di Clemente Pistilli
Gratifiche, contratti modificati in corsa, super-stipendi. Per la Corte dei Conti del Lazio gli sperperi di denaro in Rai, a tutto vantaggio del manager di turno, sono stati notevoli negli anni e quando l’impianto accusatorio sembrava ormai naufragato, tra assoluzioni e atti annullati in primo grado, per ex componenti del Consiglio di amministrazione della tv di Stato ed ex direttori generali è arrivata ora la “doccia fredda”: condanne e un altro processo. La sezione d’appello della Corte dei Conti ha condannato gli ex componenti del CdA, Francesco Alberoni, Marcello Veneziani e Angelo Maria Petroni, a risarcire alla spa il danno causato con il premio dato a Flavio Cattaneo quando ha lasciato la carica di direttore generale, e ha disposto un nuovo processo per la gratifica data a fine mandato al direttore generale Agostino Saccà, il denaro dato sempre a Cattaneo per fargli mantenere i segreti sugli affari aziendali e alcune consulenze legali.
Tutto iniziò quando si diffuse la notizia di 350mila euro dati a Cattaneo per i “buoni risultati ottenuti durante la sua permanenza nella carica”.
Per gli inquirenti contabili quella gratificazione non era assolutamente prevista dal contratto e venne aperta un’indagine, ipotizzando il danno erariale. Nel corso degli accertamenti spuntarono così fuori altre ipotesi di sprechi: i 960mila euro dati in aggiunta alla liquidazione al direttore generale Claudio Cappon, gli oltre 160mila euro in più di stipendio dati sempre a quest’ultimo, 960mila euro di conciliazione sindacale, 150mila euro di gratifica a Saccà, quasi 1.800.000 euro per la risoluzione del rapporto di lavoro a Cattaneo, quasi diecimila euro di consulenze legali nonostante la Rai avesse a disposizione diciotto avvocati e un esercito di collaboratori, e 130mila euro per far sì che il compagno di Sabrina Ferilli mantenesse riserbo sugli affari della Rai.
Vennero citati a giudizio gli ex componenti del CdA dell’azienda, Roberto Zaccaria, Stefano Balassone, Vittorio Emiliani, Giampiero Gamaleri, Francesco Alberoni, Marcello Veneziani, Angelo Maria Petroni, i dirigenti Alberto Contri, Rubens Esposito, Gianfranco Comanducci e Salvo Cesare Gatto, e i direttori generali Agostino Saccà, Flavio Cattaneo e Alfredo Meocci, chiamandoli a un risarcimento totale di quasi quattro milioni di euro. In primo grado, però, tra atti annullati e assoluzioni erano usciti tutti indenni dalla vicenda.
Caso chiuso? Assolutamente no.
La Procura ha fatto appello e i giudici di secondo grado hanno ora condannato, per il bonus a Cattaneo, il sociologo Alberoni, il giornalista Veneziani e il docente universitario Petroni a pagare 50mila euro a testa alla Rai.
Per il collegio giudicante presieduto dal giudice Ignazio de Marco si è trattato di un “mero atto di liberalità, incompatibile con la natura pubblica delle risorse di cui dispone la Rai, in parte riconducibili al canone corrisposto dagli abbonati”.
Disposto poi un nuovo processo per eventuali risarcimenti su altro denaro dato a Cattaneo e Saccà. Annullati gli atti soltanto per quanto riguarda le somme concesse a Cappon.