Sono ore calde per l’Italia. Dopo una prima parziale apertura nei giorni delle festività natalizie si torna ad ipotizzare misure più rigide. Un dietrofront? Lo sapremo nelle prossime ore. La cosa certa è che a preoccupare gli esperti sono i dati giornalieri relativi all’infezione da covid-19 e le migliaia di persone che lo scorso weekend si sono accalcate nelle principali città. Cara ci è costata la corsa allo shopping. Ma non è ancora detta l’ultima parola perché i tre direttori generali del ministero della Salute, Achille Iachino, Andrea Urbani e Giovanni Rezza non hanno firmato il verbale finale, evidenziando la spaccatura interna anche al gruppo di esperti. Maggiori controlli dunque ma senza indicare chiusure specifiche.
È stato il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro a sottolineare i rischi di assembramenti «nei posti dove si abbassa la mascherina», quindi bar, ristoranti e negozi. Sono tre i punti fondamentali messi a fuoco. Il primo riguarda il potenziamento dei meccanismi di controllo per garantire le norme in vigore. Il secondo segnala che le misure devono evitare l’aggregazione incontrollata delle persone sia nei luoghi aperti al pubblico che a domicilio. Infine si dice che la zona gialla, nella quale saranno praticamente tutte le Regioni da sabato 20, non basta. Il senso è che devono essere adottate le previsioni pensate per le zone rosse oppure arancioni. Ma i tempi deve deciderli il governo.
Nella riunione del Cts c’era chi voleva un chiaro riferimento alle regole delle zone rosse, come il commissario straordinario dell’emergenza Domenico Arcuri, e chi invece, come Franco Locatelli dell’Iss, voleva dare indicazioni più «aperte», senza riferimenti specifici ai provvedimenti da prendere. La conclusione è che si invita ad utilizzare le restrizioni previste dal Dpcm e quindi, visto che bisogna inasprire le misure delle zone gialle, le previsioni indicate per le zone rosse e per le arancioni. Che differiscono da quelle delle zone gialle per due punti: prevedono la chiusura dei bar e dei ristoranti e obbligano i cittadini a restare nel loro Comune. Ma sarà il Governo a valutare. “Credo che sia ancora presto per dire se potremo o no riaprire completamente le scuole, anche le superiori” dopo le feste natalizie. Il monito arriva dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza.
A confermare la linea dura è il ministro della Salute Roberto Speranza: “La mia opinione è chiara: queste misure ci possono aiutare nelle settimane delle vacanze di Natale a evitare che arrivi una terza ondata e una recrudescenza”. Che sia lockdown duro o soft, è comunque certa la deroga per gli spostamenti di chi vive nei piccoli Comuni a Natale, Santo Stefano e Capodanno. è necessaria una linea di rigore secondo il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri. Perché già così “il Natale di per sé, anche festeggiato dentro i confini di uno stesso Comune, porterà le famiglie a stare insieme e quindi è inevitabile che vi sarà una risalita” dei contagi. “Se sarà una risalita piccola sarà gestibile, però se non lo sarà il nuovo picco impedirà da gennaio di fare ciò che dobbiamo fare: riaprire le scuole, riaprire i ristoranti, consentire alle persone di andare a sciare, riprenderci la nostra vita”.