“Ora sappiamo che ci sono partiti e Paesi con cui l’Unione Europea non si può fare”. A sostenerlo è l’ex ambasciatore Sergio Romano, commentando la querelle tra Polonia e Ue.
Dopo diciassette anni dalla firma, la Polonia si accorge che i trattati di adesione all’Ue sono incompatibili con la propria Costituzione. Che succede a Varsavia?
“Sapevamo da tempo che questa era la posizione della Polonia. Potevamo sperare che con il tempo avrebbero rinunciato a uno scontro ma io, le dico la verità, non ho mai creduto che sarebbe successo. Questo perché sono testardi e sono sempre stati profondamente convinti che, presto o tardi, avrebbero trovato qualche alleato. E si dà il caso che li abbiano trovati nel momento in cui nell’Europa si sono affermati partiti sovranisti che hanno un concetto di nazione particolarmente chiuso. Proprio con questi è nata e si sta affermando un’Europa del dissenso”.
Tra gli alleati che appoggiano la Polonia ci sono la Meloni e la Le Pen. Che idea si è fatto?
“Certamente. Ci sono già dichiarazioni da parte di queste persone che hanno espresso la loro simpatia per la posizione assunta dai giudici polacchi. Però, le dico la verità, non sono convinto che quanto accaduto renderà la situazione più complicata per l’Europa. Al contrario la rende più chiara perché ora sappiamo finalmente che ci sono partiti e Paesi con cui l’Unione Europea non si può fare”.
Con la decisione della Corte Costituzionale polacca molti temono una possibile “PolExit”. È preoccupato?
“Guardi sono sempre stato convinto che prima o poi ci sarebbe stato un ‘problema polacco’ e per questo non posso dirmi sorpreso. Il Paese è diviso, c’è una componente nazionalista che continuerà a sostenere il governo e molti altri che sono convinti della necessità di restare in Europa. A me sembra evidente come la questione assomiglia a un problema interno, da campagna elettorale. Tuttavia le devo dire la verità, questa storia non mi dispiace perché serve a fare chiarezza. Ho sempre pensato che con la Polonia e la Repubblica Ceca non si sarebbe andati lontano nella creazione dell’Unione Europea e adesso lo sappiamo: con quei Paesi l’Ue non può progredire”.
Tra i rilievi mossi dai giudici polacchi c’è la presunta ingerenza nella propria magistratura da parte dell’Ue. Cosa vuole davvero la Polonia?
“Vogliono restare in Europa, perché sotto il profilo economico gli conviene, ma senza alcuna cooperazione in tema di Giustizia. Già in passato, quando le leggi lo consentivano, hanno goduto di sussidi e assistenza finanziaria da parte dell’Unione Europea. Qualcosa che ormai è diventato normale. Il problema di cui si dibatte in queste ore si è posto quando la Polonia, mi passi il termine, ha ‘nazionalizzato’ i giudici, rendendoli degli impiegati statali e privandoli della libertà di cui la magistratura ha bisogno. A questo punto noi tutti ci eravamo già allarmati e mi ricordo che i governi europei avevano più volte espresso dissenso”.
Come se non bastasse a Bruxelles deflagra la questione dei migranti con dodici Paesi membri, tra cui la Polonia, che chiedono alla Commissione Ue di finanziare muri alle frontiere…
“Ci ha già provato Trump, salvo dover rinunciare in un secondo momento, e all’epoca ci accorgemmo tutti che la sua iniziativa trovava riscontro e approvazione in alcuni gruppi sovranisti europei. Da quel momento il fatto che Trump avesse desiderato e messo nel suo programma un muro contro i migranti, ha dato loro autorevolezza. Si sono sentiti protetti dal presidente degli Stati Uniti e tanto è bastato ad avviare un processo di amalgama tra di loro. Adesso sono usciti allo scoperto con questa sortita collettiva dei muri. Vede il fatto che il muro sia stato sconfitto negli Stati Uniti, non ha chiuso la partita perché c’è ancora chi ne vuole creare altri e si sente autorizzato a chiederli. Ma è qualcosa di inaccettabile e incivile. La soluzione ce l’ha già data la cancelliera Merkel affrontando la crisi dei migranti scaturita dalla guerra siriana. Cosa fece? Accettò 50mila di loro, spiegando che ne avevano bisogno. A mio parere questo è vero per la gran parte dei Paesi europei perché c’è spazio per assorbire persone che si muovono da un continente all’altro. Ma, non meno importante, aiutare i migranti è un dovere per questioni umanitarie che non possiamo ignorare”.