Prima il voto a scrutinio segreto sulla tagliola al ddl Zan, poi l’incontenibile euforia. Con 154 senatori a favore, 131 contrari e 2 astenuti, l’esame del testo sulla legge contro l’omotransfobia si arresta di colpo e, forse, in maniera definitiva. Difficile capire la grande gioia a Palazzo Madama, culminata in quello che molti definiscono un vergognoso applauso, per quella che appare come una cocente sconfitta per l’Italia risultata, per l’ennesima volta, incapace di allinearsi ai Paesi occidentali dove simili normative esistono da tempo immemore. Eppure questo è il desolante scenario che ieri ha accompagnato una votazione al cardiopalma dove il Senato ha disatteso le richieste degli italiani che in più occasioni hanno chiesto norme severe a tutela delle comunità Lgbt.
IL DIBATTITO. Decisivo per l’esito dello scrutinio è stato senza dubbio il voto segreto concesso dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, su richiesta – pressante – del centrodestra. Tra i più attivi a chiedere questa modalità di votazione è stato il leghista Roberto Calderoli che si è battuto come un leone perché convinto che l’eventuale approvazione del ddl Zan, di cui il deputato dem Alessandro Zan è primo firmatario sarebbe stata “una porcata”.
Ottenuto quanto chiesto, il dibattito è andato avanti con le diverse posizioni che sono state annunciate dai gruppi. Se da un lato Licia Ronzulli, vicepresidente dei senatori di Forza Italia, ha insistito sull’effetto intimidatorio della legge e sulla punizione delle “posizioni diverse” e batte sull’educazione scolastica parlando di “folli teorie gender”, chi ha provato a difendere il provvedimento è stata la pentastellata Emma Battaglia con un intervento che è stato ripetutamente interrotto dai banchi del centrodestra.
DUPLICE VERDETTO. Dalle urne ieri sono usciti almeno due verdetti. Il primo, ben più scontato, è quello della sonora bocciatura sul ddl Zan. Il secondo è la probabile esistenza di una nuova alleanza trasversale, dai sovranisti a Forza Italia, passando per Italia Viva, che guarda oltre l’orizzonte degli eventi, puntando dritta dritta alle prossime elezioni al Quirinale. Che le cose stiano così lo ha detto chiaro e tondo Ignazio La Russa, uno dei promotori della ‘tagliola’ (leggi l’articolo), secondo cui “esiste una nuova maggioranza in Parlamento” che “non è di sinistra”.
Ancor più chiara l’analisi fatta dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, secondo cui “con il voto di oggi al Senato sul Ddl Zan abbiamo avuto un’anticipazione di che cos’è il voto segreto su temi che poi vedono forti tensioni”. “Ho vissuto sia il voto su Napolitano, con i 101 di Prodi sia con Mattarella, nelle prime votazioni nell’urna segreta iniziano una serie di dinamiche e dobbiamo stare attenti a non far veder ai cittadini che stiamo lavorando per secondi fini. Il gioco di creare la crisi politica sul Quirinale per vedere se andare a elezioni anticipate non fa il bene dell’Italia”, ha precisato il pentastellato.
“Registriamo un passaggio a vuoto su un percorso di civiltà e di contrasto a ogni forma di discriminazione e violenza per l’orientamento sessuale” è l’analisi lucida del leader M5s Giuseppe Conte secondo cui “chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese che su questi temi ha già dimostrato di essere più avanti delle aule parlamentari”.
“Chi per mesi, dopo l’approvazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare” ha detto lo stesso Zan. Di tutt’altro avviso Matteo Salvini secondo cui l’unico sconfitto è “l’arroganza di Letta e dei 5S” che “hanno detto No a tutte le proposte di mediazione” e ora ne pagano le conseguenze.