Sottofinanziamento nel settore dell’Istruzione e stipendi degli insegnanti fermi al palo. Secondo l’Ocse, tra tutti i Paesi esaminati l’Italia è il fanalino di coda

Sottofinanziamento nel settore dell'Istruzione e stipendi fermi. Per l'Ocse, tra i Paesi esaminati l'Italia è il fanalino di coda

Sottofinanziamento nel settore dell’Istruzione e stipendi degli insegnanti fermi al palo. Secondo l’Ocse, tra tutti i Paesi esaminati l’Italia è il fanalino di coda

Il sottofinanziamento cronico del nostro sistema di istruzione, gli stipendi degli insegnanti fermi al palo e il record negativo dell’Italia in merito al gap salariale tra uomini e donne: questo è il desolante ritratto che emerge dall’ultimo rapporto Ocse, intitolato Education at a Glance 2024, in cui vengono messi a confronto gli stipendi degli insegnanti dei diversi Paesi membri dell’organizzazione e i rispettivi sistemi educativi.

Come riporta Repubblica sul suo sito web, “nonostante gli annunci ripetuti del ministro dell’Istruzione del Merito, Giuseppe Valditara”, l’Italia è “ancora una volta in fondo alla classifica dell’area”, con una situazione definita “negativa” che non sembra destinata a migliorare nel breve periodo.

Sottofinanziamento nel settore dell’Istruzione e stipendi degli insegnanti fermi al palo. Secondo l’Ocse, tra tutti i Paesi esaminati l’Italia è il fanalino di coda

Che il sistema dell’istruzione italiana sia in crisi da tempo lo conferma proprio il rapporto dell’Ocse, secondo cui gli stipendi dei docenti sono sostanzialmente fermi. Questo perché “l’aumento previsto nel contratto del triennio 2022-2024, la cui trattativa deve ancora iniziare, è basato su una crescita del 5,8% degli stipendi del comparto, mentre, spiega Education at a Glance, gli aumenti medi previsti per gli insegnanti europei sono del 28%”. Non va meglio guardando al mercato del lavoro, dove le giovani donne in possesso di una laurea guadagnano, in media, il 58% in meno rispetto ai loro coetanei maschi. Si tratta, senza mezzi termini, del più grande divario retributivo di genere nell’intera area presa in esame dal documento.

Lo studio segnala anche il paradosso che le donne ottengono risultati scolastici migliori rispetto ai colleghi maschi. Ancora più preoccupante è che questo divario, sempre secondo l’Ocse, non si sta riducendo ma, al contrario, si sta ampliando. Particolarmente critica è la fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, in cui le donne hanno meno probabilità di essere occupate rispetto agli uomini. Preoccupante – anche se in miglioramento – è il dato sui NEET (Not in Education, Employment, or Training), ossia i giovani che non studiano e non sono attivamente alla ricerca di un lavoro. Secondo il dossier, nella fascia di età tra i 25 e i 29 anni, il 31% delle donne non studia e non lavora, a fronte del 20% registrato tra gli uomini.

Gli effetti del sottofinanziamento nel settore dell’Istruzione

Tra le poche note positive c’è la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni che risultano sprovvisti di un titolo di studio superiore, con un dato che risulta in flessione di 6 punti percentuali rispetto al 2016, assestandosi al 20% nel 2023. Peccato che ci sia poco da brindare, perché nonostante questo miglioramento, nel resto dei Paesi presi in esame dall’Ocse le cose vanno sensibilmente meglio, visto che i ragazzi sprovvisti di un titolo di studio superiore sono appena il 14% del totale. Sempre secondo il rapporto, si conferma che il livello di istruzione dei genitori ha un peso rilevante nel destino educativo dei figli.

Dati alla mano, il 69% dei 25enni italiani con almeno un genitore laureato riesce a conseguire lo stesso titolo di studio o un equivalente. Drammatico è il dato sui ragazzi della stessa fascia d’età con genitori che non hanno conseguito un titolo di studio superiore: il 37% di loro non è riuscito neppure a concludere le scuole superiori, mentre soltanto il 10% è riuscito a conseguire una laurea.

L’emergenza salariale

A pesare su questo dramma, sempre secondo il rapporto, è il grave sottofinanziamento del sistema educativo italiano. Stando alle rilevazioni dell’Ocse, l’Italia destina all’istruzione il 4% del PIL, a fronte degli altri Paesi presi in esame che spendono mediamente il 4,9%.

Quanto agli stipendi, scrive Repubblica, “sono cresciuti in termini nominali dell’8% per gli insegnanti con 15 anni di carriera, ma l’inflazione ha ridotto notevolmente il valore reale”, al punto che, dal 2013 a oggi, in realtà sarebbero diminuiti del 6%, a fronte di una crescita media registrata nei Paesi Ocse che risulta pari al 4%. Tutti numeri che vengono definiti “avvilenti” dal coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, secondo cui le prospettive di colmare il divario salariale con il resto dei Paesi occidentali “sono solo un miraggio”.