Tre mesi fa il rinvio a giudizio per corruzione (leggi l’articolo), ora quello per rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio. Che non sia un gran momento per l’ex pubblico ministero Luca Palamara è chiaro da tempo e quanto deciso ieri dal gup di Perugia, Angela Avila, nell’ambito dell’inchiesta sulle ‘dritte’ fornite ad alcuni giornalisti del Fatto Quotidiano e della Verità, non fa che rafforzare questa convinzione.
In questo ulteriore processo, la cui data d’inizio è già fissata per il prossimo 19 gennaio, a far compagnia all’ex consigliere del Csm ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati ci sarà l’ex pubblico ministero di Roma – oggi giudice civile a Latina -, Stefano Rocco Fava. Proprio quest’ultimo, a differenza di Palamara, sarà chiamato anche a rispondere dell’accusa di accesso abusivo a sistema informatico.
Un’udienza in cui i due imputati non hanno ricevuto solo dispiaceri perché il gup Avila si è pronunciato disponendo il non luogo a procedere per una parte delle presunte rivelazioni ai giornali che venivano contestate ai due imputati dai pubblici ministeri Gemma Miliani e Mario Formisano. Non solo.
Per quanto riguarda la posizione di Palamara è stato disposto anche il proscioglimento, perché il fatto non sussiste, dell’accusa di rivelazioni relativa all’esposto, riguardante presunti comportamenti scorretti da parte dell’ex procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, presentato da Fava presso il Comitato di Presidenza del Consiglio superiore della magistratura.
Si tratta di un’accusa che era stata contestata anche all’ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, il quale aveva scelto di ricorrere al rito abbreviato che si è concluso lo scorso luglio con la sua assoluzione.