C’è un governatore che due anni fa sosteneva in Senato come l’apertura del capitale di Bankitalia a soci esteri non fosse un problema. C’è un Governo che aveva previsto la possibilità di ingresso di soci esteri (europei) a palazzo Koch, salvo poi essere smentito da un Parlamento che ha deciso di limitare la partecipazione a soggetti rigorosamente nazionali. E c’è un presidente della Bce che, investito della questione, ha scaricato la patata bollente sulla Commissione europea. A tutto questo, adesso, si aggiunge la denuncia di un avvocato italiano che chiede alla stessa Commissione di aprire una procedura di infrazione contro il Belpaese. Una storia a dir poco schizofrenica. Per capirci qualcosa di più bisogna risalire al novembre del 2013, col Governo di Enrico Letta in carica. Viene predisposto il famoso decreto legge che “adegua” il capitale di Bankitalia da 156 mila a 7,5 miliardi di euro e abbassa le soglie di partecipazione. Il decreto in questione, il 133 del 2013, stabilisce originariamente che le quote di palazzo Koch possono essere acquisite anche da soggetti esteri (banche, assicurazioni e via dicendo). Il 12 dicembre dello stesso anno il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, va in audizione al Senato a confermare che il provvedimento “consente l’acquisto di quote della Banca d’Italia anche ai soggetti europei”. Una decisione, conclude in quel frangente, che “non contrasta con la collocazione dell’Istituto nella governance economica europea”. Insomma, tutto bene.
IL COLPO DI SCENA – Peccato però che in sede di conversione il decreto perda pezzi importanti, complici le solite “manine” o “manone”. Così nella legge di conversione, la 5 del 2014, viene stabilito che le quote del capitale di Bankitalia possono essere ripartite solo tra soggetti nazionali. A quel punto palazzo Koch deve adeguarsi recependo l’indicazione nel nuovo statuto. Prima, però, è necessario chiedere un parere alla Bce guidata da Mario Draghi, peraltro ex Governatore. Il 21 febbraio del 2014 lo stesso Draghi firma un parere in cui, a proposito della questione, dice che “spetta alla Commissione valutare se gli emendamenti apportati al decreto legge dal legislatore italiano, che impongono ai partecipanti al capitale un requisito di nazionalità, siano conformi al diritto dell’Unione europea”. Nel frattempo, però, lo statuto di Bankitalia circoscrive la partecipazione al capitale ai soli soggetti nazionali. Insomma, il caos più totale. Sul quale, però, adesso prova far luce un avvocato, Flavio Del Soldato, che ha inviato una denuncia alla Commissione Ue facendo notare come lo Statuto di Bankitalia violi le norme europee sulla libertà di stabilimento e prestazione dei servizi. Ma chi c’è dietro Del Soldato? A sentir lui nessuno. La denuncia sarebbe solo il tentativo di produrre un effetto contrario, ovvero svegliare l’Italia dal rischio che correrebbe con soci esteri nel capitale della sua banca centrale. La questione sollevata, ad ogni buon conto, centra una parte del problema. Secondo Angelo De Mattia, già segretario del direttorio di Bankitalia all’epoca di Antonio Fazio, “in astratto il problema sollevato dalla denuncia si può porre, anche se in concreto l’autonomia e le peculiarità della Banca d’Italia, con caratteristiche pubbliche, possono legittimare una limitazione dei principi europei”. A questo punto la Commissione, alla quale Del Soldato ha chiesto l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia, dovrà comunque comunicare cosa intende fare. O cosa magari ha fatto in passato senza che se ne sapesse nulla.