Per Lega e Fratelli d’Italia non serve una legge più generosa in tema di cittadinanza italiana agli stranieri, soprattutto ai bambini. La motivazione? Le regole del nostro Paese sarebbero già abbastanza permissive, più che altrove. Questa è la versione fornita da diversi esponenti dei due partiti che non vogliono cambiare la legge, come proposto invece da Forza Italia e Antonio Tajani parlando di ius scholae.
Per esempio secondo Nicola Molteni, sottosegretario leghista all’Interno, la legge italiana non va cambiata perché siamo “il Paese in Europa che concede più cittadinanze, oltre 130mila all’anno, più di Francia e Germania”. In numeri assoluti è vero, ma la situazione non sta esattamente così, come spiega Pagella Politica nel suo fact-checking. In valore assoluto l’Italia concede più cittadinanze di altri Paesi europei, ma non in rapporto alla popolazione residente. E, inoltre, questo ha ben poco a che fare con la generosità della legge.
Cittadinanza ai cittadini stranieri, parlano le cifre
I dati considerati da Pagella Politica sono quelli diramati da Eurostat e relativi al 2022: quasi 214mila cittadini stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana in quell’anno. Il numero più alto in Ue, davanti ai 181mila in Spagna, i 167mila in Germania e i 114mila in Francia. Il valore in Italia nel 2022 è molto cresciuto rispetto al 2021, quando il numero di cittadinanze a stranieri era più basso che in Germania, Spagna e Francia.
Andiamo poi a considerare gli ultimi dieci anni per cui si hanno dati: dal 2013 al 2022 l’Italia ha concesso un milione e 463mila cittadinanza, la Spagna un milione e 405mila, la Germania un milione e 207mila e la Francia un milione e 101mila. Se però andiamo a guardare i numeri in rapporto agli abitanti residenti, il primato non è italiano: nel nostro Paese nel 2022 è stata concessa una cittadinanza ogni 3.620 cittadini. Quinto posto in Ue dietro a Svezia, Lussemburgo, Belgio e Spagna.
Le regole
I numeri quindi dicono una cosa che, però, non dipende solo dalla legge. Anzi. Quella italiana risale al 1992 ed è di fatto uno ius sanguinis: la cittadinanza viene riconosciuta alla nascita a chi ha un genitore italiano, mentre in caso di genitori stranieri si può ottenere a 18 anni se il giovane ha sempre vissuto in Italia. Per i maggiorenni è necessario avere la residenza legale in Italia da almeno 10 anni. Per i bambini nati da genitori stranieri, invece, le regole in altri Paesi Ue sono meno severe.
In Francia basta che uno dei due genitori sia nato qui, mentre a 18 anni si può ottenere la cittadinanza avendo vissuto per cinque anni nel Paese dagli 11 anni in poi. Si può ottenere la cittadinanza francese anche a 13 anni per chi è residente da quando ne aveva 8. In Germania i bambini ottengono la cittadinanza nel caso in cui uno dei genitori, al momento della nascita, sia residente da almeno cinque anni. In Spagna è sufficiente che chi nasce nel Paese sia residente per un anno.
Un’altra conferma di quanto le regole italiane siano più restrittive arriva dal Migrant Integration Policy Index, un indice che valuta le politiche d’integrazione e che fornisce un valore tra 0 e 100 per ogni voce. Una di queste è quella riguardante la concessione della cittadinanza: l’Italia, secondo i dati del 2019, ha un indice pari a 40. Si trova a metà, in questa classifica, tra i Paesi Ue. Ben 13 hanno regole più favorevoli per gli stranieri. Altro che leggi troppo generose…