Prova a metterci una toppa Renato Brunetta. Ma la sua excusatio rimane evasiva. Giovedì il ministro della Pa è tornato a scagliarsi contro lo smart working accusando, in soldoni, chi lavora da remoto di far finta di lavorare (leggi l’articolo). Parole che hanno provocato l’ira di pentastellati e sindacati che gli hanno ricordato che è stato proprio col lavoro agile che l’Italia ha potuto affrontare la pandemia e tenere in piedi il Paese.
“In Europa lo smart working è utilizzato come strumento per rendere più accessibile il lavoro, ridurre il traffico e quindi l’inquinamento e in tempi di Covid per contrastare i contagi invece in Italia abbiamo il ministro Brunetta che per difendere l’economia del tramezzino impone la sua folle linea dello stop al telelavoro”, ha attaccato il co-portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli.
Ieri sui social Brunetta è ritornato sull’argomento: “Da una parte sola – ha scritto – dalla parte delle famiglie e dalla parte delle imprese. Dalla parte di tutti i cittadini che hanno diritto a servizi pubblici efficienti, con tempestività, gentilezza e cortesia. Ho voluto uno smart working finalmente regolato e strutturato, che tutela i diritti dei lavoratori e quelli dei cittadini”. Ma la vera notizia è stata la presa di posizione di Andrea Orlando. Il ministro del Lavoro dem parla di smart working e il suo messaggio è tutt’altro che evasivo ed equivocabile: no a guerre di religione, dice, contro il lavoro da remoto.
“Lo smart working può aiutare. È una grande occasione che può essere colta anche dal Mezzogiorno, soprattutto per le aree interne. Un po’ di demonizzazione fatta va rivista, lo dicono le grandi Company: è un modo per ripensare le nostre città, il rapporto tra lavoro e tempo libero, tra periferie e centro”. E ancora: “Dopo la pandemia ci sarà più smart working rispetto al periodo pre-pandemia. Questo modello pone nuove questioni legate alla socialità, al diritto alla disconnessione, alla sicurezza: per questo non ho voluto intervenire normativamente e ho voluto promuovere un accordo con le parti sociali”.
Eppure i due ministri, val la pena di ricordare, avevano il 5 gennaio scorso adottato una circolare con cui alle pubbliche amministrazioni e alle imprese private si raccomandava il massimo utilizzo della flessibilità prevista dagli accordi contrattuali in tema di lavoro agile. Una circolare che Brunetta obtorto collo aveva dovuto ingoiare sotto il peso dei dati pandemici che in quel periodo con la variante Omicron non promettevano nulla di buono.
E se i sindacati si sono scagliati contro Brunetta sullo smart working il collega Orlando riesce invece a sedurli due volte affrontando anche un altro tema: quello dei bassi salari. Nel corso di un convegno sul Pnrr, organizzato a Palermo, rispondendo alla domanda di un amministratore comunale che ha fatto riferimento ai numerosi percettori del Reddito di cittadinanza e alla difficoltà di alcuni imprenditori a trovare manodopera, ha replicato così: “Vedo tanta gente che si lamenta che non trova lavoratori. Ma quanto gli date? Questa è una domanda che forse si fa poco. Il tema è quello dei salari. Mettiamo tutto sul tavolo e troviamo le soluzioni”. Un’uscita che ha creato, infine, un ennesimo cortocircuito nella maggioranza con la Lega che ha preso le parti delle aziende contro il ministro del Lavoro.