Da un lato, le bombe di Israele che continuano a cadere sulla Striscia di Gaza e, malgrado la tregua, anche sul Libano; dall’altro, la spaventosa guerra civile divampata all’improvviso in Siria, con i ribelli jihadisti che stanno travolgendo l’esercito regolare del dittatore Bashar al-Assad. Con il passare dei mesi, la situazione in Medio Oriente sembra peggiorare, mettendo a dura prova i fragili equilibri regionali. Al momento, l’attenzione del mondo si concentra sulla Siria, dove l’offensiva del movimento radicale Hayat Tahrir al-Sham (Hts), un tempo affiliato ad al-Qaeda, appare inarrestabile. Le forze jihadiste hanno conquistato Aleppo, la seconda città del Paese, e ora si apprestano a marciare sulla capitale, Damasco.
Questa avanzata sta travolgendo le forze armate siriane al punto da spingere Assad a compiere una visita lampo a Mosca per incontrare il suo alleato Vladimir Putin e chiedere “aiuto”. Il leader del Cremlino ha risposto all’appello ordinando immediatamente all’aviazione russa di intervenire con intensi bombardamenti mirati a decimare le colonne di ribelli in movimento. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), organizzazione non governativa con sede a Londra e una rete di contatti sul campo, il bilancio delle vittime degli scontri, ribattezzati “Operazione Dissuasione dell’Aggressione” dalle fazioni armate, è salito ad almeno 446 morti. Il gruppo Hayat Tahrir al-Sham, considerato un’organizzazione terroristica dall’Onu e dall’Ue, riceve però supporto finanziario e logistico dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Si aggrava la guerra civile in Siria e Israele ne approfitta per lanciare nuovi attacchi a Gaza e in Libano, scatenando l’ira di Biden
Il fronte più caldo del conflitto si trova nella regione di Idlib, controllata dai ribelli nel nord-ovest della Siria. Qui, i raid dell’aviazione russa hanno causato la morte di almeno 35 civili, tra cui cinque bambini, oltre a numerosi miliziani di Hts. Bombardamenti intensi stanno colpendo anche Aleppo, nel nord del Paese, e la città di Hama, nel centro della Siria, attualmente sotto assedio da parte dei miliziani. Non è solo la Russia a fornire supporto ad Assad: anche l’Iran della Guida Suprema Ali Khamenei ha ribadito il proprio sostegno al regime di Damasco.
Il ministro degli Esteri iraniano, Esmaeil Bagheli, ha dichiarato: “I nostri consiglieri militari sono presenti in Siria da anni su richiesta del governo legittimo del Paese e non abbandoneremo Assad”. A conferma di queste dichiarazioni, milizie sostenute dall’Iran sono entrate in territorio siriano passando dall’Iraq per supportare l’esercito siriano. Nel frattempo, i ribelli si sentono vicini alla vittoria. Hadi al-Bahri, leader dell’opposizione ad Assad, ha dichiarato di essere “pronto a negoziare l’immediata fine delle ostilità”, a condizione che Assad lasci il Paese e consenta una “transizione politica” pacifica. Tuttavia, il dittatore ha già rifiutato questa proposta.
Gli Usa ammoniscono Netanyahu per gli attacchi in Libano
Se in Siria si combatte, la situazione non è migliore nella Striscia di Gaza. Qui, le forze israeliane di Benjamin Netanyahu, accusate dall’Iran di essere le vere responsabili della guerra civile in Siria, continuano a colpire con violenza, causando decine di morti e feriti. Inoltre, nell’enclave palestinese, l’Idf ha bloccato nuovamente l’ingresso degli aiuti umanitari, come denunciato dall’Unrwa (l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi). Secondo l’Unrwa, “Gaza è sprofondata nell’anarchia, con un aumento della carestia e saccheggi diffusi mentre l’ordine pubblico è crollato”.
Le spedizioni umanitarie, infatti, rimangono bloccate per mesi a Kerem Shalom, riducendo drasticamente l’afflusso di aiuti: a novembre sono entrati appena 1.358 camion, rispetto alla media prebellica di 500 camion al giorno. Nel frattempo, la tregua in Libano si fa sempre più fragile. L’Idf ha condotto nuovi raid contro presunti obiettivi di Hezbollah, facendo infuriare l’amministrazione americana di Joe Biden. Fonti statunitensi, citate dal Ynet, hanno denunciato “ripetute violazioni israeliane della tregua” e chiesto che i raid e i sorvoli dei droni nei cieli di Beirut cessino immediatamente. Tuttavia, per ora, questi appelli sembrano essere stati ignorati.