Non è un caso che sia morto sul “campo” per parlare di Costituzione e partecipazione. Vincenzo Siniscalchi ha percorso decenni di cultura del diritto a difesa delle persone, non solo quelle famose ma anche disoccupati e operai. Da Diego Maradona a Ciriaco De Mita passando per il “Soccorso rosso” dove non ebbe paura di schierarsi per i diritti di sovversivi e brigatisti. E sedette anche tra i banchi del Parlamento nella XIV legislatura come indipendente nel gruppo dell’Ulivo di Romano Prodi. A ricostruire alcuni tratti della figura di avvocato e a riflettere sull’eredità di alcune battaglie sulla giustizia è la penalista Elena Coccia (nella foto), esponente storica dei Giuristi Democratici ed ex presidente del Consiglio comunale di Napoli, oggi è segretaria Prc in Campania.
Cosa ha rappresentato la figura di Vincenzo Siniscalchi per la cultura del diritto?
“La sua massima espressione è iniziata negli anni settanta e ottanta con i disoccupati in piazza e con il movimento per la casa, oltre alla Brigate rosse e ai Nap. Erano degli anni molto pericolosi. Siniscalchi apparteneva a una posizione sociale diversa da chi come me, Pietro Costa e Saverio Senese faceva parte di Soccorso Rosso e tuttavia decise di difendere questi movimenti. Ci sentivamo protetti da lui, avvocato di grande spessore non solo nel diritto ma anche in quello della cultura. È stato molto generoso perché in quei tempi si espose molto”.
Viene ricordato per essere stato l’avvocato di Maradona e De Mita ma ha anche difeso i brigatisti e i sovversivi in una stagione di grandi tensioni politiche.
“All’epoca c’era un folto gruppo di magistratura democratica e c’era un movimento molto forte nella classe operaia, però tutto questo si scontrava con la legge Reale e con il muro di gomma di un’avvocatura che non aveva scelto da che parte stare. Siniscalschi, come nostro compagno di viaggio, ci donava un valore maggiore e abbiamo scritto belle pagine di ‘difesa’ in quegli anni, a partire da quella per la democrazia”.
Oggi qual è lo stato della giustizia in un’epoca di forti spinte giustizialiste?
“C’è una tendenza giustizialista per un clima completamente cambiato, basti pensare alle cariche di ieri davanti la sede Rai di Napoli contro gli attivisti per la Palestina. All’epoca c’era una maggiore libertà di azione ma anche una chiusura, la giustizia era come un imbuto. Oggi non è così, da un lato ci sono spinte cSinische rivendicano l’ergastolo, anche a sinistra. Per noi giuristi democratici l’importante è la giustizia, non la pena. Molti democratici, invece, discutono sugli anni inflitti a una persona e invocano l’intervento delle forze dell’ordine o della magistratura. Il clima e il linguaggio sono molti cambiati”.
Per concludere: lei ha avuto anche un ruolo istituzionale, molti avvocati e giuristi siedono in Parlamento. Qual è la battaglia prioritaria oggi sul piano legislativo?
“La prima cosa da fare è trovare misure alternative al carcere. Sentiamo implorare più detenzione mentre è una misura estrema. La seconda riguarda la questione sociale, con le persone più povere e più disposte a commettere piccoli reati. Basta ricordare i 4 anni di carcere per il senza tetto che ha bruciato la Venere degli stracci. È qualcosa di incredibile se paragoniamo a pene di chi ha commesso reati di corruzione. Noi apparteniamo a un principio imprescindibile: il diritto penale dell’amico è il diritto penale del nemico”.