Di Antonello Di Lella
Se ci fermassimo agli annunci quello della sicurezza sarebbe senza ombra di dubbio uno dei settori nevralgici al centro dell’attenzione dei governanti e sul quale investire. Peccato che ormai da troppo tempo l’intero comparto è costretto a tirare la cinghia e a far fronte a tagli indiscriminati che si aggiungono all’eterno problema degli stipendi fermi al palo ormai da cinque anni. Così l’annuncio del blocco stipendiale per gli statali anche nel 2015 ha fatto risalire sulle barricate l’intero comparto. Poliziotti, finanzieri, vigili del fuoco e forestali sono sul piede di guerra e questa volta il rischio di uno sciopero nazionale generale incute davvero timore al governo.
La dura presa di posizione
Con un comunicato congiunto, nella giornata di ieri, i sindacati di Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato e Cocer interforze (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza) sono entrati nel dettaglio delle problematiche specifiche relative a chi lavora nel comparto sicurezza. “Non abbiamo chiesto alcun aumento stipendiale attraverso il rinnovo dei contratti”, sottolineano i rappresentanti delle Forze dell’ordine, “ma la rimozione del tetto salariale”. Uno sbarramento che impedisce di avere una retribuzione superiore a quella avuta nel 2010: “se una persona è stata promossa verrà comunque retribuita come nella mansione inferiore con tagli della retribuzione del 10-20%”, spiegano nel comunicato. Ma i sindacati puntano il dito su altre due criticità: “il superamento del tetto salariale è previsto dal Def di giugno, se non verrà rimosso vorrà dire che saranno state adottate scelte politiche diverse, destinando quelle risorse ad altri scopi”. Altra contraddizione sarebbe tra “l’asserita volontà di premiare il merito e il permanere del tetto salariale, che penalizza i più meritevoli e quelli che lavorano di più”.
Per un pugno di spiccioli
Rischiano la vita in prima linea per pochissimi soldi. Gli agenti che si occupano della pubblica sicurezza hanno uno stipendio medio di 1.300 euro. Chi va peggio si ferma ai 1.200 e chi riesce ad arrotondare con straordinari e trasferte arriva fino a 1.500.
Spesso oltre al problema stipendio c’è da fare i conti con gli scarsi mezzi a disposizione degli agenti. Dalla Polizia di Stato a quella Penitenziaria siamo davanti a forze ridotte al lumicino rispetto alle reali esigenze del Paese. Insomma la richiesta di risorse è unanime e va a cozzare con tutti quegli annunci fatti dai diversi governi che si sono succeduti, e tutti pronti a mettere la sicurezza nel capitolo priorità. Salvo poi destinarle solo un pugno di spiccioli.
La busta paga tipo di un ispettore di Polizia
ALFANO APRE AL DIALOGO. MA LO SCIOPERO NON E’ STATO CONGELATO
Di Sergio Castelli
Con queste premesse l’autunno difficilmente non sarà caldo. Perché se il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha aperto al dialogo, subito dopo c’ha pensato il premier, Matteo Renzi, a far risalire la tensione tra il governo e gli agenti di pubblica sicurezza: “Se il tono è quello del confronto, porte aperte”, ha detto il presidente del Consiglio intervenendo a margine del summit Nato a Newport, “se invece si pensa di poter mettere in atto qualcosa che abbia il vago sapore del ricatto, prego accomodatevi”. E così sul blocco delle retribuzioni annunciato dal ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, più che a un dialogo stiamo assistendo ad un braccio di ferro che si prevede durissimo. Il premier si è detto pronto a dialogare mettendo nel mirino la dura presa di posizione dei sindacati, che a dire il vero si era anche affievolita, dopo le aperture al dialogo di Alfano. Sarebbe tutta colpa dei sindacati di polizia stando a quanto affermato da Renzi: “Trovo che certi toni siano del tutto inaccettabili e credo facciano del male a chi, per 1.200 euro al mese è sulle strade a pattugliare. Trovo”, continua il premier, “che sia tutto legittimo, che sia naturale discutere, che ciascuno abbia le sue ragioni. Ma lo sforzo deve andare nella direzione di chi il lavoro non ce l’ha e non di chi è garantito nel proprio lavoro. Spazi per una soluzione della vertenza ce ne sono, la discussione era aperta, non so se lo sia ancora”. Detto questo lo sciopero è tutt’altro che scongiurato.
Lo spiraglio
Intervenendo alla presentazione del bilancio dell’esodo estivo, ieri mattina, il ministro dell’Interno Alfano aveva parlato di “richieste legittime”, espresse però “in toni e modi francamente eccessivi”. Il responsabile del Viminale ha ribadito che “la sicurezza rappresenta una priorità assoluta di questo governo e di questo ministero. Agli operatori di polizia è riconosciuta una specificità e noi lavoreremo perché sia assicurata: abbiamo lavorato e stiamo lavorando non per il rinnovo del contratto, che non era richiesto, ma per l’eliminazione dei tetti salariali. Un obiettivo che spero non venga complicato dai toni eccessivi usati nel comunicato di giovedì”. E gli effetti delle dichiarazioni di Alfano si erano visti, infatti, ieri il secondo comunicato ha sbollito i toni: “Non chiediamo aumenti, ma solo il giusto”. Ovvero lo sblocco di quel tetto salariale che non permette di guadagnare oltre quello che si percepiva nel 2010. Una condizione che quindi secondo i sindacati non permetterebbe di premiare quel merito tanto auspicato dall’era Renzi. “Una contraddizione”, scrivono le sigle dei rappresentanti delle divise, “che penalizza i più meritevoli e quelli che lavorano di più”.
Prove di distensione
“Sono convinto che ci siano tutte le condizioni per risolvere con serenità la questione, se la serenità ci sarà da parte di tutti”, ha detto Alfano. Garanzie anche dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti: “Garantisco l’impegno dell’eseutivo a trovare una soluzione che riconosca la specificità e il valore di chi quotidianamente assicura la difesa e la sicurezza degli italiani”. Pronta la replica con pochi passi indietro e l’aria che tira lascia intendere l’incrocio delle braccia: “In attesa di segnali concreti rimaniamo fermi sulle posizioni espresse giovedì. E comunque, le giuste rivendicazioni non sono ricatti. Prendiamo atto con favore della disponibilità del premier a un incontro, forti della sensatezza delle nostre rivendicazioni siamo fiduciosi che l’intelligenza e il buon senso porteranno a soluzioni adeguate”.
Bagarre politica
L’occasione non poteva che essere l’assist migliore per i rappresentanti politici di prendere posizione a favore o contro il governo. Stefano Fassina, per esempio, si è confermato ancora una volta una delle voci fuori dal coro nel Partito democratico, andando contro quanto affermato dal premier, nonché segretario del suo partito: “Le richieste degli statali e degli operatori del comparto sicurezza non sono ricatti: non è stato utile fare promesse e poi brutali marce indietro”. Per Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, “la priorità del governo è sì la sicurezza, ma quella dei delinquenti”. Secondo Nichi Vendola il problema è sintomo del disagio della classe media. Morbido Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera che ha sollecitato Renzi ad “ascoltare il comparto sicurezza per trovare una soluzione”.