Dopo mesi a discutere di fondi per la ripartenza e modi con cui impiegarli, in un Paese normale sarebbe lecito aspettarsi programmi ben strutturati e funzionali. Peccato che l’Italia troppo spesso si è dimostrata scarsamente abile e a ricordarcelo è il capolavoro della Sicilia sovranista che ieri ha incassato un sonoro ceffone dal ministero dell’Agricoltura.
La regione governata da Nello Musumeci, infatti, si è vista bocciare ben 31 progetti su 31. Si tratta di una prima tranche di investimenti per ammodernare o mettere in sicurezza i sistemi di irrigazione dei campi agricoli per i quali la Sicilia aveva chiesto – e sperava di ottenere – oltre 400 milioni di euro. Peccato che questo tesoretto per la Regione è destinato a rimanere un miraggio.
BOTTA E RISPOSTA. Dopo la sonora bocciatura dei progetti isolani, puntuale come un orologio svizzero è scoppiata la polemica politica. A dare fuoco alle fiamme è stato l’assessore siciliano all’agricoltura, Toni Scilla, secondo cui in quanto accaduto “è chiaro che qualcosa non quadra. Il ministro Patuanelli scade in valutazioni sommarie a tutto svantaggio della Sicilia, e non è la prima volta che lo fa”. “Ricordiamo il tentativo di scippare fondi del Programma di sviluppo rurale” racconta Scilla secondo cui è “un atteggiamento ostile, che registriamo per l’ennesima volta, e che ci porterà ad effettuare le dovute verifiche e valutazioni”.
Parole che sono state rilanciate da Musumeci secondo cui “è una vergogna nel Pnrr continuare a guardare a progetti del Centro-Nord e non a quelli del Sud e della Sicilia. Non è un problema di risorse, ma di progettualità. E la Regione Siciliana ha priorità davanti alle quali il governo nazionale si gira dall’altra parte”. Insomma la tesi è che ci sarebbe una penalizzazione dei progetti del Mezzogiorno in favore di quelli del resto d’Italia. Peccato che le cose, almeno stando a quanto fanno sapere dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf, ndr), sono ben diverse.
Le bocciature, si legge in una nota del dicastero, sono dovute ai “criteri di ammissibilità per ottenere il finanziamento” che “sono 23 e riguardano, tra gli altri punti, anche il livello di esecutività dell’opera, l’entità del risparmio idrico, la superficie oggetto di intervento, le tecnologie utilizzate e i benefici ambientali prodotti”. Il problema, secondo il ministero guidato dal 5S Stefano Patuanelli, è che “per essere ammessi, i progetti dovevano soddisfare tutti i 23 criteri previsti; di conseguenza, se anche un solo criterio non è stato soddisfatto, il progetto non può essere ammesso”.
Ma c’è di più. Tali errori sono stati anche ampiamente spiegati, durante il question time, dal ministro secondo cui i progetti della Sicilia non sono risultati ammissibili “per motivi meramente tecnici”, in particolare “17 progetti presentavano una durata di intervento e realizzazione delle opere superiore ai 30 mesi” ma “abbiamo delle scadenze che non sono derogabili”. Per non parlare di gran parte dei progetti che, aggiunge Patuanelli, non rispettano anche più di 10 criteri alla volta.
Insomma un brutto scivolone per la regione Sicilia a cui si sta cercando di correre ai ripari. A farlo capire è lo stesso assessore Scilla che ieri sera è tornato sui suoi passi spiegando che “è venuto meno un preventivo confronto per valutare esigenze e necessità delle nostre infrastrutture” per i quali vanno individuati “criteri di valutazione più congrui alle nostre caratteristiche” ed “è proprio per trovare una possibile soluzione che mercoledì prossimo a Roma incontrerò il ministro Patuanelli”.