Una situazione ben più drammatica di quel che si possa pensare e che dovrebbe spingere i nostri amministratori a trovare soluzioni concrete. Nel 2023 sono 78.530 i lavoratori minorenni 15-17 anni (il 4,5% della popolazione totale dei minorenni di quella fascia d’età), in aumento rispetto ai 69.601 del 2022 e ai 51.845 del 2021; la posizione di “dipendente” raccoglie gran parte dei lavoratori, seguita da “operai agricoli” e “voucher”. Numeri impressionanti, tanto più se consideriamo che proprio ieri ricorreva la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
La crescita costante del lavoro minorile
I dati fanno parte del rapporto “Lavoro minorile in Italia: rischi, infortuni e sicurezza sui luoghi di lavoro”, stilato dall’Unicef. Il dato che emerge dall’anno 2023 conduce ad una riflessione: l’aumento dei lavoratori minorenni è evidente non solo rispetto alla fase pandemica, ma anche in confronto all’anno 2019. Non solo. Il report aggiunge un nuovo dato relativo al reddito minorile. Il reddito medio settimanale stimato per i lavoratori di sesso maschile oscilla da 297 euro nel 2018 a 320 euro nel 2022 mentre nelle donne passa da 235 euro nel 2018 al 259 euro nel 2022. Viene confermata una retribuzione costantemente più alta per il genere maschile.
Gli infortuni
C’è poi il dato relativo agli infortuni sul lavoro. Nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 le denunce di infortunio presentate all’Inail a livello nazionale, relative ai lavoratori entro i 19 anni di età, ammontano a 338.323 di cui: 211.241 per i minori di età fino a 14 anni e 127.082 nella fascia 15-19 anni. Le denunce di infortunio mortale sono state in totale 83 nel periodo tra il 2018 e il 2022 (9 denunce nella fascia di età inferiore ai 14 anni; 74 denunce nella fascia 15-19 anni).
Il lavoro minorile regione per regione
Ma c’è di più. Il rapporto, infatti, disegna anche una vera e propria “geografia” dello sfruttamento minorile. Le quattro regioni con la percentuale più alta di minorenni occupati (15-17 anni), in relazione alla popolazione residente per tale fascia di età, sono: Trentino-Alto Adige, Valle D’Aosta, Abruzzo e Marche. Nella regione Trentino-Alto Adige, infatti, su una popolazione di 34.150 minorenni tra i 15 ed i 17 anni di età, il 21,7% risulta impiegato. Nella Valle D’Aosta la popolazione di minorenni residenti (15-17 anni) ammonta a 3.645 e il 17,8% risulta impiegato.
In Abruzzo su una popolazione di 34.339 minorenni di 15-17 anni il 7,6% ha svolto attività lavorativa e nelle Marche la percentuale risulta ancora alta con 2.989 lavoratori minorenni su una popolazione di 41.672, pari al 7,2%. Queste regioni si collocano abbondantemente al di sopra del valore della media nazionale (4,5%). Le regioni che registrano mediamente il numero totale più elevato di giovani lavoratori dipendenti ed indipendenti entro i 19 anni di età, impiegati in esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali, nel periodo compreso tra il 2018 e il 2022 sono rispettivamente: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Puglia.
Insomma, un fenomeno drammatico che si muove sottotraccia ma ben più diffuso di quel che si pensa. “Il lavoro minorile – ha detto non a caso Carmela Pace, presidente dell’Unicef Italia – è un tema da osservare con attenzione perché rappresenta una spia dello stato di salute della nostra società e del benessere e del futuro dei giovani nel nostro Paese”. Una spia che, evidentemente, indica un allarme che bisognerebbe affrontare, come chiede Unicef stessa, in maniera seria, ponderata, con soluzioni vere ed efficaci.