Ci avviciniamo a quel momento dell’anno in cui il governo in carica deve fare i conti delle sue promesse, metterli in fila e poi spiegare agli italiani che il risultato non è quello sperato.
Ad oggi le uniche parole ufficiali dicono che la prossima manovra “come le precedenti, sarà seria ed equilibrata”. Mettere aggettivi ai numeri prima ancora che vengano comunicati è solitamente la strategia per raccontare profumato ciò che puzza.
Siamo in quel periodo dell’anno in cui Matteo Salvini dovrà spiegare ancora una volta ai suoi elettori che la famigerata “quota 41” del pensioni è una fiaba per allocchi. Siamo in quel periodo dell’anno in cui il leader di Forza Italia Antonio Tajani deve tergiversare sull’aumento promesso delle pensioni minime buttandosi sulla malinconia, su quando c’era Silvio.
Entriamo in quel periodo dell’anno in cui il sostegno economico alla povertà e all’infanzia diventa impossibile per colpa dell’Europa “brutta e cattiva” mentre continuerà ad essere possibilissimo spendere in armamenti come non avremmo mai potuto immaginare nelle peggiori previsioni.
Siamo in quel periodo dell’anno in cui al governo tocca ammettere di aspettarsi coperture dal concordato biennale proposto a 2,7 milioni di autonomi e imprese sui redditi da dichiarare nel 2024 e 2025 con la garanzia di essere esclusi dai controlli: 2 miliardi di euro attesi dai furbi.
Ma siamo anche sempre in quel governo in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha già intimato ai suoi alleati in Parlamento di non presentare emendamenti che lei non ha autorizzato. Insomma, ha consigliato di non svolgere la propria funzione parlamentare.