Siamo al centesimo giorno di guerra in Ucraina. 100 giorni fa Putin aveva in testa una guerra che avrebbe dovuto essere “lampo”, questione di qualche giorno, per andarsi a prendere territori che considera “suoi” e per lanciare un segnale all’Occidente.
Dopo 100 giorni la guerra in Ucraina sembra sempre più lunga e sempre più destinata ad allungarsi
Non è andata così. Dopo 100 giorni la guerra sembra sempre più lunga e sempre più destinata ad allungarsi. Non si vedono soluzioni possibili a breve termine e a Mosca non s’affannano più di tanto per un eventuale “cessate il fuoco”.
100 giorni fa però anche l’Ucraina, sostenuta da una straordinaria solidarietà dell’Occidente, non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a questo punto, con il 20% del Paese in mano ai russi (come ha detto ieri il presidente Zelensky) e con la possibilità di vincere la guerra sul campo più che remota. Del resto molti dubitavano (anche su queste pagine) che fosse possibile una vittoria militare senza il coinvolgimento totale della Nato (e quindi una terza guerra mondiale di fatto).
Erano stati tacciati di essere dei “pacifinti” o dei “pessimisti” da quei presunti strateghi che 90 giorni fa immaginavano la ritirata delle truppe russe “per la pioggia battente che ha trasformato l’Ucraina in una trappola di fango” (diceva così la penna di un noto quotidiano nazionale). La guerra è in un momento di stallo che potrebbe durare moltissimo.
L’Ucraina può reggere finché Usa e Eu continueranno a spedire armi
È uno stallo che Putin può tranquillamente sopportare ed è uno stallo che l’Ucraina può reggere finché Usa e Eu continueranno a spedire armi. Ma se il nemico in prima battuta era la disperazione del popolo ucraino che è stata poi veicolata in paura dell’Europa ora la stanchezza e una certa “noia” della guerra è un avversario molto più pericoloso.
Dopo il balzo in avanti nelle prime settimane di guerra (fino al 47% di gradimento in Usa) Biden ora crolla nei sondaggi (è al 39%) perché gli americani gli chiedono di concentrarsi sull’inflazione, sui massacri nelle scuole e sui problemi interni nel Paese. Anche la guerra sul piano della narrazione sembra essersi spostata da una propaganda spinta (come la “denazificazione” dell’Ucraina) da parte del Cremlino al tentativo di instillare l’oblio, fare in modo che la gente non ritenga ciò che accade in Ucraina una “notizia” e lentamente si abitui agli orrori e ai massacri come del resto sta già avvenendo per molti altri conflitti e molte emergenze umanitarie in giro per il mondo.
Zelensky, che conosce bene le parabole della comunicazione, aveva avvisato il mondo già dopo le prime settimane: “La nostra più grande paura è di essere dimenticati”, disse in occasione dei suoi discorsi ai parlamenti europei. Del resto è la stessa Europa (a braccetto con gli Usa) che ha dimenticato in fretta la promessa di non lasciare soli gli afghani che ancora rimangono parcheggiati sui confini e le donne afghane a cui è stato impedito di lavorare e studiare meritandosi al massimo qualche trafiletto di giornale.
L’aumento dei costi dell’energia (“la guerra in Ucraina potrebbe spingere il petrolio fino a 175 dollari al barile”, secondo Jamie Dimon, capo di JPMorgan Chase) e la possibile recessione globale metteranno alla prova la solidarietà iniziale verso il governo di Kiev dimostrando se davvero questa “vicinanza” occidentale non sia stata una semplice opportunità elettorale passeggera. C’è da dire, osservando il mondo e la storia recente, che tutti gli indizi non spingono all’ottimismo. Così si scoprirà, ancora una volta, che anche la foga bellicistica è solo una comoda bugia.