Sovranista a giorni alterni, europeista per convenienza. Se da una parte il leader della Lega Matteo Salvini per poter entrare a far parte di un governo con una vocazione fortemente “europeista” come quello di Mario Draghi ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e, e su pressing dell’ala giorgettiana del partito – il cosiddetto partito del Pil – ha dovuto dismettere felpe con tanto di scritta “no euro” e slogan sull’Ue matrigna e sulla dittatura della Troika, dall’altra la sua vera natura alla fine è venuta è fuori.
Sia sulla questione vaccini, accodandosi alla posizione di chi come il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e la premier danese Mette Fredericksen hanno deciso di non affidarsi più all’Ue per la produzione di vaccini, ma di stringere un accordo direttamente con Israele – strada che vorrebbe intraprendere anche Salvini, come ribadito anche ieri al termine di un incontro sul tema con la delegazione del governo di San Marino (“Sto cercando di allacciare rapporti con Israele e India perché dobbiamo fare in fretta”, ha dichiarato), sia mostrando “amicizia e vicinanza con il popolo ungherese”.
Il leghista ha infatti subito scritto a Viktor Orbán dopo l’annuncio che Fidesz ha lasciato il gruppo del Ppe al Parlamento europeo. “La delegazione di Fidesz – si legge in una nota del partito – ha ripetutamente espresso le sue preoccupazioni legali e politiche durante i negoziati, ma queste non sono state sufficientemente affrontate nella versione finale del testo. Di conseguenza, la modifica adottata del regolamento di procedura rischia di limitare la capacità dei deputati di Fidesz di svolgere i propri compiti”.
Votando con una maggioranza bulgara, l’85%, le nuove regole del gruppo parlamentare, gli eurodeputati del Ppe hanno dato una risposta “categorica” al primo ministro ungherese che aveva chiesto il ritiro delle modifiche, trasformando quella che era partita come una questione “procedurale” in una sfida “politica”. Fidesz affronterà dunque la procedura di esclusione, secondo l’articolo 3 dello statuto del Ppe, che sarà decisa dalla sua assemblea politica.
Dunque, mentre al suo vice Giancarlo Giorgetti organizza al Mise la seconda riunione del tavolo sulla produzione italiana del vaccino, che non sarà pronto prima di 4-8 mesi, il segretario leghista discute del vaccino Sputnik col segretario di Stato al Lavoro di San Marino Teodoro Lonfernini e tiene una videoconferenza con Orbán discutendo di piano vaccinale, rilancio economico, controllo dell’immigrazione, tutela della famiglia. Un doppio binario, insomma che certo non passa inosservato.
A ricordarlo è fra gli altri, è l’europarlamentare del M5S Laura Ferrara: “A Salvini, che evidentemente ha perso la memoria, ricordiamo che Orbán per settimane e in piena pandemia ha bloccato il negoziato europeo sul Recovery Fund con un veto vergognoso che giustamente le Istituzioni europee hanno respinto. Poiché la priorità massima del governo Draghi, che Salvini dice a parole di sostenere, è proprio quella di utilizzare nel miglior modo possibile i fondi europei ottenuti da Giuseppe Conte, gli ricordiamo le posizioni del suo pupillo Orbán.
In Ungheria da anni vengono calpestati i diritti fondamentali dei cittadini e le politiche di Fidesz sono una minaccia per l’intera Unione. Il Ppe ha scelto la linea europeista che rafforza la maggioranza della Commissione Von Der Leyen nata grazie ai voti decisivi del Movimento 5 Stelle. Adesso con coraggio portiamo avanti le riforme che aspettiamo da anni: Patto di Stabilità, salario minimo europeo, transizione ambientale e difesa dei diritti dei cittadini”.