Da Biarritz, dove si è concluso il G7, Giuseppe Conte è ripartito senza incontrare la stampa. Più importante volare a Palazzo Chigi dove, nel tardo pomeriggio di oggi, Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti, si sono incontrati per una ventina di minuti. In quel momento si è capito che il cemento delle fondamenta del governo giallorosso si stava solidificando più in fretta del previsto. E molto si poteva costruire. Alle 21 è previsto un nuovo incontro tra i due leader di M5S e Pd, e questa volta a Roma ci sarà anche Conte. Un altro segnale che rafforza la possibile intesa.
L’ultimo vero scoglio per il M5S è il voto sulla piattaforma Rousseau per affrontare la nuova alleanza di Governo. Lì si confronteranno le varie anime del Movimento, che nelle ultime ore hanno taciuto sui social e in ogni dove. Un silenzio improvviso, un allineamento alla voce dei leader che per alcuni ha il sapore della resa rispetto all’istanza originarie di un partito “nato dal basso”, e dove “uno vale uno”. Slogan che cozzano pesantemente con l’attuale realtà, e che è facile immaginare deflagreranno anche già domani alle 19, quando sono stati convocati in assemblea i due gruppi parlamentati dei pentastellati.
Una riunione fissata esattamente 24 ore prima della convocazione al Colle, i grillini saranno gli ultimi a riferire delle trattative al capo dello Stato, subito dopo Matteo Salvini e due ore dopo il Pd. Già in quella sede Conte potrebbe ricevere anche un nuovo incarico. I veti di Zingaretti sull’avvocato del Popolo si sono via via ridotti, e stando così le cose, in Parlamento i deputati renziani favorevoli alla continuità a Palazzo Chigi, che sono in maggioranza nei gruppi democratici, garantiscono una fiducia tranquilla al Conte Bis.
Sul tavolo restano tutte le altre nomine, una scelta che però sarà discussa da prassi, direttamente dal premier incaricato con Sergio Mattarella nelle stanze del Quirinale. Oggi il M5S vanta otto ministri su 18 (accorpando il doppio incarico di Di Maio), sei sono della Lega e gli indipendenti sono quattro. Con il Pd il rapporto di forza dovrebbe essere simile, anche se i democratici presero il 18,7% alla Camera rispetto al 17,4% della Lega, e oggi nei sondaggi sono davanti al M5S. Cambieranno però molti titolari dei dicasteri, e anche la distribuzione tra i due partiti, come auspicato da Zingaretti.
“Leggo molti retroscena, alcuni credibili, altri non veritieri. La verità è che finalmente il confronto è partito, giudico questo un fatto positivo per dare al paese un governo di svolta” ha commentato Zingaretti al termine del faccia a faccio con Di Maio. “Dopo un primo incontro interlocutorio – ha aggiunto il leader del Pd – ce ne sarà un altro alle 21 tra le delegazioni, si sta andando avanti per un governo di svolta. Penso che siamo sulla strada giusta. Abbiamo al centro gli interessi degli italiani, di chi torna a scuola tra qualche giorno, dei lavoratori, di una manovra che ha bisogno di un governo serio, autorevole e di svolta. Con il primo incontro interlocutorio ma comunque positivo il confronto è partito sui contenuti”.
Anche fonti del M5S confermano che si sta andando verso il Conte-bis. Secondo i pentastellati “il veto sta per cadere”. Restano aperti alcuni nodi, in primi Viminale, Difesa ed Economia. Un ruolo nel nuovo esecutivo lo avranno sicuramente Di Maio, Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede. La squadra dei dem, invece, potrebbe essere composta da Andrea Orlando, Paola de Micheli, Tommaso Nannicini, Roberto Morassut, Ettore Rosato e uno dei due tra Andrea Marcucci e Lorenzo Guerini. Per il Viminale, riferiscono le stesse fonti del M5S citate dall’Agi, circola il nome dell’attuale capo della polizia Franco Gabrielli, mentre per il Tesoro resta in campo anche il nome di Giovanni Tria e la Giustizia potrebbe essere affidata a Liberi e uguali. Il nome che gira per il ruolo di commissario Ue è quello del dem Roberto Gualtieri. Zingaretti non dovrebbe entrare nell’esecutivo.