Una banca che registra un miliardo di utile in un trimestre, proprio nel giorno in cui la Commissione europea abbassa a un misero +0,1% le stime sulla crescita economica italiana in tutto quest’anno, dovrebbe far fare i salti di gioia ad azionisti e investitori. Ma la paura ha un suo prezzo, e di fronte alle autorità comunitarie che continuano a vedere nero sul nostro Paese è inevitabile che ci sia chi gli va dietro. Così ieri i titoli di Banca Intesa Sanpaolo hanno perso a Piazza Affari il 2%, nonostante una trimestrale molto positiva per quanto con l’utile netto di 1,05 miliardi in calo del 16,1% rispetto allo stesso periodo del 2018, e comunque superiore ai 901 milioni previsti dalle stime di mercato.
Positivi tutti i principali indicatori, a partire da quello che solo pochi anni fa sembrava essere l’ultimo dei problemi e invece adesso è centrale: la quantità dei crediti poco esigibili. Ma andiamo per ordine. I proventi operativi sono scesi dell’8,8% a 4,4 miliardi, con interessi netti a 1,76 miliardi (-5,2%) e commissioni nette a 1,9 miliardi (-7%). Compensa il calo del 4,5% – a 2,2 miliardi – dei costi operativi, per un rapporto con i ricavi salito al 50,2%. L’indice Cet1, cioè il principale indicatore di solidità, è salito al 13,5% (13,1% in base ai criteri transitori per il 2019), tenendo conto di 840 milioni di dividendi maturati nel primo trimestre, in linea con le promesse fatte al mercato.
Per l’amministratore delegato Carlo Messina ce n’è abbastanza per rallegrarsi, e a vedere le stime sui risultati di altri gruppi primari non pare avere tutti i torti. “Siamo particolarmente soddisfatti del primo trimestre: in un contesto più complesso del previsto, Ia banca conferma la capacità di raggiungere risultati importanti, in linea con l’obiettivo di un utile netto superiore a quello del 2018”. Per Messina, Banca Intesa “è stata in grado di ottenere questo risultato senza ricorrere ad alcuna voce straordinaria, e la qualità del credito nel trimestre registra il flusso di nuove sofferenze ai minimi storici, grazie alla capacità di gestire le nuove erogazioni e grazie alla qualità delle aziende clienti, molto più solide e profittevoli di quanto non fossero prima della crisi del 2008”.
Il manager ha ricordato come la banca sia “un fattore di accelerazione della crescita dell’economia reale del Paese”, grazie a erogazioni a medio e lungo termine a famiglie e imprese pari a 10,5 miliardi nel periodo tra gennaio e marzo. Tra le singole aree di business, da segnalare la performance della banca dei territori (che riunisce le attività commerciali) ha chiuso il trimestre con un utile netto di 459 milioni, pari a +9,5%.