di Gaetano Pedullà
La condanna di Silvio Berlusconi chiude un’era e insieme ne riapre subito un’altra. Dopo vent’anni di accanimento giudiziario, la decisione della Cassazione sarà infatti utilizzata dal Pdl (o Forza Italia, o come si chiamerà il nuovo centrodestra) come prova di un martirio ordinato da sinistra e magistrati. Il tempo di inventare un nuovo leader – molti pensano a Marina Berlusconi – e il partito tornerà in pista con al suo arco una freccia in più. Il Cavaliere ieri sera l’ha detto chiaro, e anche se non ha ancora né un nuovo partito, né un leader da spendere, la campagna elettorale è già cominciata. Pessime notizie per il governo, dove il Pd è adesso a un bivio fatale: turarsi il naso e restare in maggioranza con il pregiudicato Berlusconi oppure far cadere l’esecutivo di Enrico Letta. In ogni caso, sarà inevitabile in vista del congresso una profonda spaccatura. Nel centrodestra, invece, l’attuale gruppo dirigente (composto da nominati, va ricordato, come tutti i parlamentari d’altronde) per ora sembra restare compatto attorno al suo capo carismatico. Anche qui però il condizionale è d’obbligo. In caso di elezioni a distanza molto ravvicinata, salire sulla zattera di una nuova Forza Italia già accreditata di forti consensi significa grandi chance di successo. Ma staccare la spina a Letta non significa tornare automaticamente alle urne. Napolitano vigila e la possibilità di un governo sostenuto da Pd e Cinque Stelle o parte dei parlamentari Cinque stelle rende lo scenario assolutamente incerto. Se le elezioni, dunque, dovessero essere ancora lontane nel tempo, anche tra i Berluscones molte cose cambieranno. E se oggi a fronteggiarsi sono innocenti falchi e colombe, tra non molto vedremo tigri e leoni. In ogni caso, dopo la sentenza di ieri nulla sarà più come prima. E constatare che morto un Berlusconi se ne può fare subito un altro, ci conferma – come nel 1992 – che le rivoluzioni per via giudiziaria, senza la politica se non contro la politica, alla lunga servono a poco.