Blindata, in netto ritardo e orientata all’austerità: la manovra targata Giorgia Meloni arriva finalmente al giorno della sua approvazione. In serata è atteso il via libera definitivo: dopo una discussione ridotta al minimo, la Camera dei deputati approverà i 109 articoli che compongono una finanziaria da 28 miliardi di euro. Le dichiarazioni di voto sono previste a partire dalle 17 e fino a poco prima delle 19, poi arriverà il voto finale.
Ieri la manovra è approdata in Aula a Montecitorio con l’avvio della discussione generale e l’esame degli emendamenti. Un testo blindato, con i deputati che non hanno avuto modo di incidere nonostante gli 80 emendamenti presentati dalle opposizioni. La legge di Bilancio ha ottenuto l’ok del Senato prima di Natale dopo un iter andato decisamente a rilento: ci sono voluti quasi due mesi per entrare davvero nel vivo della discussione, con l’impossibilità di avere un testo definitivo e persino di presentare emendamenti, dopo il divieto posto dal governo che ha impedito alla maggioranza di modificare il testo.
Manovra, il governo snobba il Parlamento
Una legge iper-blindata, dunque, e che viene approvata all’ultimo minuto, nonostante la discussione ridotta al minimo e l’impossibilità di modificarla. Il dibattito alla Camera è iniziato anche in ritardo, a causa di un governo che dimostra ancora una volta di infischiarsene della manovra e del ruolo del Parlamento: non è bastato aver deciso tutto a Palazzo Chigi, ma l’esecutivo mostra disinteresse per la legge di Bilancio anche alla Camera durante il primo giorno d’esame in Aula. I lavori sono iniziati con le proteste delle opposizioni per un rinvio disposto subito dopo l’avvio a causa dell’assenza del sottosegretario. Le opposizioni hanno stigmatizzato l’assenza del rappresentante del governo e hanno chiesto al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di essere presente in Aula. Ma per il governo, alla fine, c’era solo la sottosegretaria all’Economia Lucia Albano.
La protesta
L’assenza del governo è stata solo l’ultimo atto che dimostra l’indifferenza del governo rispetto al ruolo del Parlamento, che non ha praticamente potuto far nulla su questa manovra. Non a caso Sabrina Licheri, senatrice del Movimento 5 Stelle, sottolinea “l’arroganza del governo Meloni” che “non ha limiti né rispetto per le istituzioni”, in merito all’assenza dei ministri in Aula. Concetto simile viene espresso anche da Elena Bonetti, vicecapogruppo di Azione alla Camera: “Inizia la discussione della legge di Bilancio in Aula alla Camera il 28 dicembre, record negativo del governo Meloni. Aula convocata alle 9, governo assente. Arriva in ritardo di 25 minuti una sottosegretaria. Nessun ministro presente. Banchi della maggioranza ‘molto partecipati’. Un mix di arroganza e sciatteria istituzionale senza precedenti e che offende il Paese”.
Non mancano, poi, le proteste verso una manovra che viene definita una “grande farsa” da Maria Cecilia Guerra, deputata del Pd, secondo cui la legge di Bilancio è “costruita su piedi d’argilla” con la misura principale – il taglio del cuneo fiscale – finanziata per un solo anno. Per Guerra questa manovra è “solo un grande bonus una tantum”. Per la vicepresidente del gruppo M5s, Vittoria Baldino, questa manovra “è indecente, vacua e recessiva”, lasciando “indietro gli ultimi e fermo al palo il Paese”. Secondo Baldino non prevede “nulla per le imprese e per la crescita, per il lavoro, per il welfare, per la sanità” e rappresenta “la mano austera dei prossimi anni”.