Giro di vite sui datori di lavoro che ricorrono alla manodopera clandestina. Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha elevato il costo medio dei rimpatri, per sanzionare gli sfruttatori, da 1.398 euro a 1.971 euro. Con il decreto legislativo 109 del 2012, il governo di Mario Monti ha dato attuazione alla direttiva 2009/52/CE, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Uno strumento per punire con severità appunto chi sfrutta gli extracomunitari irregolari e allo stesso tempo favorisce l’immigrazione clandestina. In base a tale norma, il giudice, quando emette la condanna, applica anche una sanzione amministrativa accessoria relativa al pagamento del costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente.
In tal modo a doversi far carico dei costosi rimpatri non è più lo Stato, ma l’imprenditore che ha utilizzato i clandestini. Il decreto legislativo ha quindi previsto che i criteri per la determinazione e l’aggiornamento del costo medio del rimpatrio cui commisurare la sanzione amministrativa vengano stabiliti con decreto del ministro dell’interno, di concerto con i ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. I proventi di tali sanzioni amministrative accessorie affluiscono infine all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi riassegnati, nella misura del 60% al fondo rimpatri e per il residuo 40% al fondo sociale per occupazione e formazione di immigrati e minori stranieri non accompagnati, cercando così di favorirne l’integrazione sociale. Il capo della Polizia, con un decreto del Viminale, considerando che nel 2018 il costo medio dei rimpatri era stato fissato in 1.398 euro, ha aggiornato come previsto tale costo e lo ha portato per il 2020 a 1.971 euro, come proposto dal direttore centrale dell’immigrazione. Si profila dunque per gli sfruttatori dei clandestini un’ulteriore stangata.
Sul fronte rimpatri la situazione intanto in Italia, al pari di altri Paesi europei, resta critica. Gli irregolari che dovrebbero essere espulsi sono decine di migliaia. In piena campagna elettorale, nel 2018, il leader della Lega, Matteo Salvini, sostenne che erano 500mila e che era necessario procedere con un ritmo di almeno 10mila espulsioni l’anno. Promesse ribadite dal Capitano quando era al vertice del Viminale. Ma ben presto è emerso che su tale fronte Salvini ha fatto peggio del suo predecessore Marco Minniti. Ad ottobre, parlando davanti alle Commissioni affari costituzionali e giustizia della Camera e del Senato, l’attuale ministro dell’interno Luciana Lamorgese ha specificato che nel 2017 i rimpatri totali sono stati 7.383, nel 2018 7.981, e fino ad ottobre 2019 5.244. Ancora troppo pochi.