Secondo i dati del ministero dell’Interno, nel 2022 a Milano sono stati emessi 2.142 sfratti. Dietro i numeri ci sono le storie di chi non riesce più a pagare un affitto, messo fuori casa alla scadenza del contratto dal proprietario che ritiene più vantaggioso vendere l’immobile o metterlo sul più redditizio mercato degli affitti brevi, ma anche le storie di chi ha perso il lavoro e non riesce più a far fronte all’impegno del canone (la cosiddetta morosità incolpevole). Anche il numero dei pignoramenti è in crescita: chi era riuscito a comprare una casa, non riesce più a onorare le rate del mutuo perché è venuto meno il lavoro, l’aumento continuo dei tassi ha raddoppiato l’impegno economico mensile, così è diventato – suo malgrado – un inquilino moroso da sfrattare.
Ieri a Milano, davanti a Palazzo Marino, tre associazioni di inquilini (Sicet Cisl, Asia e Unione inquilini), insieme ad alcune famiglie destinatarie di sfratti esecutivi, hanno organizzato un presidio, oggi incontreranno l’assessore alla Casa del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran, che ieri era fuori per impegni istituzionali. “Siamo stati costretti a convocare questa manifestazione perché la situazione degli sfratti e soprattutto delle risposte che il Comune di Milano dà alle persone sotto sfratto è molto grave”, esordisce Mattia Gatti, segretario generale del Sicet Cisl di Milano, “mentre gli sfratti aumentano, le case per queste famiglie non ci sono”.
I Sat, i servizi abitativi transitori, non stanno funzionando?
“Le domande di emergenza Sat necessitano di dieci mesi per essere valutate, abbiamo persone che attendono da un anno l’assegnazione di una casa pur vendo avuto una valutazione positiva. Siamo di fronte a un contesto in in cui vengono eseguiti sfratti anche a famiglie con minori, con anziani, invalidi, mentre il Comune di Milano non dà risposte”.
Il perché di queste mancate risposte?
“Il Comune sostiene di non avere soluzioni, di non avere alloggi disponibili, quello che noi diciamo, invece, è che gli alloggi ci sono intanto, basta guardare alle migliaia di alloggi Aler sfitti. Quello che manca è la volontà politica di affrontare seriamente la questione”.
Come spiega un così alto numero di sfratti?
“Pensiamo a tutto il lavoro povero che c’è in questa città, a tutte quelle persone che lavorano nei servizi, negli alberghi, ai rider, alle colf, a chi lavora nella ristorazione. Sono migliaia di lavoratori indispensabili per mandare avanti la città ma che non hanno un reddito sufficiente ad affittare una casa, non solo a Milano ma anche nei paesi della città metropolitana”.
Quali azioni dovrebbe intraprendere il Comune?
“Innanzitutto concordare con la Prefettura una graduazione degli sfratti, concordare un protocollo, come in passato è stato fatto, per avere una gestione degli sfratti che consenta di arrivare all’esecuzione quando c’è una soluzione alternativa pronta, magari non per tutti gli sfratti ma almeno per chi ha in famiglia componenti fragili, come una persona invalida o dei bambini che frequentano la scuola. La vita di una famiglia viene stravolta dallo sfratto”.
Il sistema in uso prima dei Sat funzionava meglio?
“L’applicazione dei Sat è cominciata nel 2020, prima c’era un sistema molto diverso, un sistema di deroga alla graduatoria che a nostro avviso dava più risposte perché consentiva che le domande venissero valutate non in ordine cronologico, ma in ordine di priorità in merito all’esecuzione degli sfratti. Si cercava di dare una risposta prima o poco dopo, al momento dell’esecuzione o al momento della richiesta dell’esecuzione, adesso si aspettano dieci, dodici mesi. E soprattutto si dava una soluzione che era definitiva, non temporanea. Mentre a Milano vecchi negozi vengono trasformati in casa, ci sono persone che si adattano a dormire nel posto di lavoro o in uno scantinato, sono situazioni assolutamente incompatibili con un vivere civile”.