Oltre sette miliardi di euro solo di spese militari, 53 morti e più di 700 feriti per lasciare l’Afghanistan come e peggio di prima. Soldi e vite persi invano. Visto quanto sta accadendo a Kabul con il ritorno dei talebani, il bilancio amarissimo di venti anni di impegno in Asia centrale è amarissimo anche per l’Italia.
Per difendere l’occidente dal terrorismo e cercare di ridare speranza a un popolo tormentato come quello afghano, hanno perso la vita 53 militari italiani e oltre 700 sono rimasti feriti feriti. Il nostro Paese, in base all’ultimo report presentato in Parlamento, ha inoltre speso ben 7 miliardi, 324 milioni e 800mila euro nelle diverse missioni. Oltre 366 milioni di euro l’anno. Tutto, a quanto pare, tristemente inutile. E tutto pure previsto.
Di recente infatti, davanti all’avanzata talebana, alle Camere lo stesso ministro della difesa Lorenzo Guerini non ha fatto mistero della drammaticità della situazione, dicendo che l’Italia sarebbe stata ancora pronta a fare la sua parte, parole che però si sono risolte nella fuga precipitosa di questi giorni lasciando un Afghanistan in fiamme.
LE SPERANZE E LA DISFATTA. L’Italia ha detto addio all’Afghanistan il 29 giugno scorso. “è terminato in totale sicurezza un imponente sforzo logistico e operativo condotto con puntualità e sicurezza dalle nostre forze armate”, ha dichiarato in quell’occasione il ministro Guerini. L’operazione Enduring Freedom è scattata dopo gli attentati subiti l’11 settembre 2001 dagli Stati Uniti d’America, con l’obiettivo di colpire cellule di Al Qaeda e ridimensionare i terroristi che avevano lanciato una sfida all’Occidente.
L’Italia ha partecipato all’intervento dal 18 novembre 2001 al 3 dicembre 2006, con compiti di sorveglianza, interdizione marittima, e monitoraggio di eventuali traffici illeciti. Nel gennaio 2002 ha inoltre preso il via la missione Isaf che, come previsto dall’Accordo di Bonn, ha autorizzato la predisposizione di una forza di intervento internazionale con il compito di garantire, nell’area di Kabul, un ambiente sicuro a tutela dell’Autorità provvisoria afghana, guidata da Hamid Karzai, e del personale delle Nazioni Unite.
L’1 gennaio 2015 è invece partita la nuova missione Resolute Support Mission, con il mandato di svolgere attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative. E lo scorso 15 aprile, su proposta di Washington, in applicazione degli accordi tra l’amministrazione americana e il movimento talebano sottoscritti a Doha nel febbraio del 2020, il Consiglio atlantico ha deciso di chiudere anche Resolute Support.
L’8 giugno scorso la cerimonia di ammaina bandiera del contingente italiano della missione, alla presenza di Guerini, e il 29 giugno il rientro a Roma anche degli ultimi militari. Sforzi enormi per garantire democrazia e pace agli afghani. Tutto però sembra essere stato vano. Gli accordi di Doha si sono rivelati carta straccia e le enormi somme spese per formare i militari in Afghanistan si sono rivelate inutili.
IL DETTAGLIO. Nel 2001 l’Italia ha schierato in Afghanistan oltre mille uomini, diventati il doppio l’anno dopo, per arrivare a 4.250 nel 2011 e poi tornare a mille quest’anno. A livello finanziario invece la spesa è stata inizialmente di 71,6 milioni di euro, per toccare gli 833,4 milioni nel 2011 e scendere ai 154,3 quest’anno. Più di qualcosa non ha funzionato. I peggiori timori si sono avverati. E alle immagini che arrivano da Kabul non servono commenti.