Sanità pubblica sempre più in crisi. Un divario della spesa sanitaria pubblica pro capite di 889 euro rispetto alla media dei paesi Ocse membri dell’Ue, con un gap complessivo che sfiora i 52,4 miliardi; la crisi motivazionale del personale che abbandona il Ssn.
E ancora: il boom della spesa a carico delle famiglie (+10,3%); quasi 4,5 milioni di persone che nel 2023 hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici; le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali; la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati.
Sono questi gli ultimi dati che emergono dal settimo Rapporto sul servizio sanitario nazionale di Gimbe.
“La tenuta del SSN – spiega Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe – è prossima al punto di non ritorno. I princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le fasce socio-economiche più deboli”.
Il Servizio sanitario nazionale ha subito un definanziamento cronico negli ultimi anni
La grave crisi di sostenibilità del SSN – afferma Cartabellotta – è frutto anzitutto del definanziamento attuato negli ultimi 15 anni da tutti i Governi.
Il Fabbisogno Sanitario Nazionale (FSN) dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di 28,4 miliardi, in media 2 miliardi per anno, ma con trend molto diversi.
Nel periodo pre-pandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi tra “tagli” per il risanamento della finanza pubblica e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati.
Negli anni 2020-2022 il FSN è aumentato di ben 11,6 miliardi, una cifra tuttavia interamente assorbita dai costi della pandemia COVID-19, che non ha permesso un rafforzamento strutturale del SSN né consentito alle Regioni di mantenere in ordine i bilanci.
Per gli anni 2023-2024 il FSN è aumentato di 8.653 milioni: tuttavia, nel 2023 1.400 milioni sono stati assorbiti dalla copertura dei maggiori costi energetici e dal 2024 oltre 2.400 milioni sono destinati ai doverosi rinnovi contrattuali del personale.
Le previsioni per il futuro non lasciano ben sperare
Le previsioni per il prossimo futuro non lasciano intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico per la sanità: infatti, secondo il Piano Strutturale di Bilancio, il rapporto spesa sanitaria/PIL si riduce dal 6,3% nel 2024-2025 al 6,2% nel 2026-2027.
A fronte di una crescita media annua del PIL nominale del 2,8%, nel triennio 2025-2027 il Piano Strutturale di Bilancio stima una crescita media della spesa sanitaria del 2,3% annuo.
La fuga dal pubblico di medici e infermieri
Questo va di pari passo a una “crisi del personale sanitario senza precedenti”, afferma Cartabellotta.
Turni massacranti, burnout e basse retribuzioni stanno portando a un progressivo abbandono: secondo la Fondazione Onaosi tra il 2019 e il 2022 la sanità pubblica ha perso oltre 11.000 medici per licenziamenti o conclusione di contratti e Anaao-Assomed stima ulteriori 2.564 abbandoni nel primo semestre 2023.
Ma la vera crisi riguarda il personale infermieristico. Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media Ocse (9,8).
Cresce la spesa per la sanità privata
La spesa per la salute pagata di tasca propria dalle famiglie italiane vede una impennata del 10,3% nel solo 2023 e sono quasi 4,5 milioni le persone che, nello stesso anno, hanno rinunciato alle cure.
Tra le criticità evidenziate da Gimbe, la messa a terra dei progetti della Missione Salute del Pnrr che, per la loro attuazione, già risente delle diseguaglianze regionali, in particolare tra Nord e Sud del Paese.
La terapia in 13 punti proposta da Gimbe per salvare il Ssn va dal riordino della normativa sui fondi sanitari, passando per maggior investimenti in ricerca indipendente, digitalizzazione e aumento del finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile.