“Finalmente il ministro Carlo Nordio ha detto abbastanza chiaramente che vogliono portare l’attività della magistratura indagante sotto l’influenza del governo”. A lanciare l’accusa ieri è stata la deputata Valentina D’Orso, capogruppo M5S in commissione Giustizia. Il riferimento è alla lunghissima intervista (dieci pagine, roba de record) al Guardasigilli, pubblicata da “Il Foglio”.
Il tandem Meloni-Nordio puntano tutto sulla Giustizia
Una infinita cavalcata nella quale Nordio ha ribadito che quello della “riforma” della Giustizia è l’unico, vero tema che sta a cuore all’esecutivo. E sul quale il governo Meloni intende marciare a tappe forzate (Premierato e Autonomia differenziata rimandate a tempo indeterminato). E, tra le tante riforme fatte e in arrivo, Nordio ha deciso di puntare forte sulla separazione delle carriere, che ha già un calendario concordato con la premier Giorgia Meloni: prima lettura della riforma entro gennaio; approvazione del disegno costituzionale entro fine 2025; referendum nel 2026, prima del voto delle politiche.
Primo obiettivo: togliere le indagini ai pm
Da una parte la magistratura giudicante, dall’altra quella inquirente. Senza possibilità di scambio. Ma non basta: per Nordio bisogna colpire la figura del pubblico ministero che oggi, per il ministro “è un super, super, super poliziotto”, “un organismo con un forte potere e nessuna responsabilità” e che “non risponde a nessuno”. Gode di troppa libertà nel decidere chi indagare, insomma.
Quindi per Nordio l’ideale cui tendere (o meglio, l’obiettivo da raggiugere entro la legislatura) è togliergli la discrezionalità delle indagini. Per darla a chi? Questo non lo dice, ma lo lascia comprendere.
La polizia giudiziaria sottoposta all’esecutivo
Come spiega ancora D’Orso: “Nordio dice esplicitamente che la sua intenzione è quella di togliere ai pubblici ministeri il potere di coordinare e dirigere nelle indagini la Polizia Giudiziaria. E dunque, a chi risponderà domani la Polizia giudiziaria del suo operato? Al governo e, in particolare, ai ministri, da cui dipende gerarchicamente. Quindi, la soggezione delle procure al potere esecutivo avverrà sicuramente. In pratica, sul tavolo del Pm arriveranno solo gli esiti di indagini non bloccate dal potere esecutivo o addirittura quelle imbeccate dal potere esecutivo e quindi dal governo e dalla maggioranza di turno”.
Ma la rivoluzione deve passare per il referendum
Una rivoluzione (che è proprio ciò a cui mira il ministro), che si accompagna alla riforma del Csm (che diventerebbe a sorteggio “per evitare le correnti della magistratura”) e alla creazione dell’Alta Corte (per giudicare i magistrati). Un percorso talmente deviante rispetto all’attuale assetto (roba che persino Orbàn prenderebbe più di uno spunto) che necessita, a detta dello stesso ministro, di un referendum confermativo. E il battage sui media è già iniziato, basti pensare alla polemica di Musk contro i “giudici non eletti”, fatto proprio immediatamente da tutta la destra.
Sulle intercettazioni in arrivo nuove “riforme radicali”
Scompaginamento dell’ordine giudiziario a parte, nella “lenzuolata” del Nordio-pensiero hanno trovato spazio anche le riforme (o meglio, i bavagli) già decise, ma anche quelle in arrivo sulle intercettazioni. “Abbiamo in cantiere riforme ancora più radicali”, ha detto il ministro, accompagnando l’annuncio col solito coté di solite affermazioni (si spende troppo per farle, i mafiosi non parlano al cellulare, si rovinano le vite delle persone con le intercettazioni a strascico ecc…).
“Orgoglioso di aver abolito l’abuso d’ufficio”
Posto anche per l’autoesaltazione per aver cancellato l’abuso d’ufficio (“un atto di civiltà”), reato definito “residuale” e “volatile”, (come è stato volatile il finanziamento regionale milionario concesso dall’ex governatrice dell’Umbria Donatella Tesei alla società della sua assessora, per esempio, fascicolo decaduto dopo l’abolizione della fattispecie…).
Ma nella cavalcata c’è anche spazio per l’attacco ai giudici di Roma che hanno bloccato i trattenimenti e a quelli di Bologna che ha rinviato alla Corte di giustizia europea i dl Paese Sicuri. Entrambi casi per i quali Nordio è lapidario: “Dal mio punto di vista, squisitamente giuridico, la definizione di Paese sicuro spetta alla normativa statale”. Del resto, sottolinea, lui la sentenza della Corte europea l’aveva capita meglio, perché lui l’aveva letta in francese. E lui il francese lo mastica piuttosto bene, non come alcuni suoi colleghi di Roma…