Non c’è materia per stappare una bottiglia di champagne ma un piccolo passo in avanti nella battaglia contro la riforma Rai targata Renzi è stato fatto.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha fissato l’udienza pubblica per il prossimo 23 ottobre per la discussione del ricorso contro la Camera dei deputati presentato da ex dirigenti Rai – Antonino Rizzo Nervo, Stefano Rolando e Patrizio Rossano – con cui si chiedeva l’annullamento dell’avviso pubblicato in data 21 marzo 2024 sul sito istituzionale di Montecitorio denominato “avviso per la presentazione di candidatura a componente del consiglio di amministrazione della Rai ai fini dell’elezione da parte della Camera dei deputati”.
Il ricorso, appoggiato dalle associazioni Articolo 21, Scl Cgil, TvMediaWeb e Infocivica, contesta la mancanza di una procedura selettiva trasparente e non discriminatoria, come richiesto dal recente MFA per le nomine nelle governance dei servizi pubblici radiotelevisivi.
Il Tar del Lazio ha riconosciuto che le questioni sollevate necessitano di un approfondimento dettagliato, riconoscendo meritevole il ricorso. E questo è sicuramente un punto a favore dei ricorrenti.
Rai, le motivazioni del ricorso
Il ricorso poggia sulla premessa che le attuali procedure e i criteri che presiedono alla nomina del cda della Rai sono in contrasto con la giurisprudenza costituzionale e violano la legge europea per la libertà dei media appena approvata, in particolare l’articolo 5 del Regolamento.
I ricorrenti contestano innanzitutto le modalità di selezione dei quattro candidati espressi da Camera e Senato che dovrebbero essere scelti in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e secondo criteri tali da evitare che gli organi direttivi, direttamente o indirettamente, siano espressione esclusiva o preponderante del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obiettività (sentenza n° 225 del 1974).
Obiettivo dei ricorrenti era appunto ottenere la sospensione cautelare della procedura di selezione dei candidati al cda; in secondo luogo, avendo sollevato profili di incostituzionalità dell’art. 63 della legge 208, essi sperano di ottenere il rinvio della questione alla Corte costituzionale; infine, che la questione sia rimessa alla Corte di Giustizia europea chiedendo che si pronunci sulla legittimità della legge in vigore a fronte del Regolamento europeo.
Un punticino a favore dei ricorrenti
Ebbene non c’è la sospensione e probabilmente a ottobre il cda Rai sarà bello che rinnovato ma il Tar del Lazio, riconoscendo meritevole il ricorso, ha dato un segnale sul fatto che la riforma Renzi non sia poi così intoccabile.
Ricordiamo che il 17 maggio si era conclusa la missione a Roma del Consorzio europeo Media Freedom Rapid Response. Il gruppo di ricercatori è andato via con alcune raccomandazioni sulla tutela della libertà di informazione, come quelle sulla necessità di depenalizzare il reato di diffamazione, risolvere i conflitti di interesse, e non ultima quella che riguarda le procedure di nomina del cda della Rai.
L’articolo 5 del Media Freedom Act – ha spiegato Renate Schroeder, direttrice dell’International Federation of Journalists e componente della missione – garantisce l’indipendenza della radiotv pubblica e l’elezione del board in modo trasparente e proporzionale: cosa che in Italia “non sta succedendo e lo sappiamo. Ma cambiare è un’opportunità”.
Anche per questo d’intesa con la presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, è saltata fuori una proposta: indire una sorta di Stati generali con professionisti, esperti indipendenti e partiti per fare questa riforma.
“Sarà difficilissimo, lo sappiamo ma ci aiuta la legge europea. Siamo venuti qui per manifestare la nostra preoccupazione ma di più non possiamo fare: per cambiare la legge c’è tempo ancora un anno”. Ma nel frattempo il cda Rai sarà già stato rinnovato.