Per quanto bislacca, la motivazione è la seguente: Silvio Berlusconi “è uno degli uomini più ricchi del mondo” ed è “rilevante” la disparità dei suoi redditi rispetto a quelli della moglie Veronica Lario. Esattamente per questo la Cassazione ha confermato l’assegno di due milioni di euro al mese in favore della Lario. I giudici hanno respinto il ricorso del leader di Forza Italia contro il maxi-assegno, rilevando che la separazione “non elide la permanenza del vincolo coniugale” e il dovere di assistenza garantendo il precedente tenore di vita.
Come si ricorderà, nel 2014 la Corte di Appello di Milano aveva ridotto di un milione l’importo stabilito nel 2013 in primo grado dal tribunale di Monza. Nel novembre scorso la Procura generale della Cassazione aveva spezzato una lancia a favore di Berlusconi contro l’assegno. Ad avviso del sostituto procuratore generale Francesca Cerioni, la cifra anche se era stata ridotta era sempre eccessiva, condividendo così la tesi sulla necessità di porre una “soglia” massima agli assegni di mantenimento, non solo a quelli dei “Paperoni” ma anche in tutti i casi in cui la “rendita” finisce per produrre ricchezza, o consentire grandi investimenti.
Diversamente dalla fase del divorzio, quando “cessano” i doveri di solidarietà coniugale, nelle cause di separazione l’ex coniuge più facoltoso “ha ancora il dovere di garantire al partner separato lo stesso tenore di vita del matrimonio”. Il verdetto fa riferimento alla recente sentenza sul divorzio che ha mandato in soffitta il tenore di vita, dicendo che non si applica alle separazioni. In quel caso la Corte aveva stabilito che d’ora in poi l’assegno di divorzio sarà calcolato sulla base del criterio di autosufficienza e non sul “tenore di vita matrimoniale”. Sarà quindi valutato sull’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Il matrimonio non è più la “sistemazione definitiva”: sposarsi, scrive la Corte, è un “atto di libertà e autoresponsabilità”.