di Gaetano Pedullà
Il colpo è andato bene tante volte. Perché non dovrebbe più riuscire? Va beh, direte voi: se si conosce l’ora, il piano e persino i nomi di chi si prepara a entrarci in casa per razziare quel che resta dell’argenteria, allora sarà difficile che ci provi. Direte voi. Qui però non abbiamo di fronte comuni ladri d’appartamento.
Per quanto siano scaltri, abili funamboli, rapidi nell’aprire le casseforti, non c’è banda del buco all’altezza di quei colletti bianchi che attrezzati solo di rating e dossier, analisi finanziarie e valutazioni (molto spesso vecchie e sballate) fanno saltare il banco dei mercati finanziari. E’ bastato così che ieri si spargesse la voce (ma questa non è manipolazione e turbativa dei mercati?) di un possibile nuovo downgrade per l’Italia da parte dell’agenzia di rating Moody’s che le Borse sono crollate, con quella italiana letteralmente presa d’assalto dai venditori. Il fatto tragico è che dopo esser finite sotto i riflettori e persino nel mirino della magistratura, adesso le agenzie di rating hanno trovato il modo per influenzare le Borse senza neppure doversi discolpare. Di fronte al panico che ieri si diffondeva nelle sale operative, a Moody’s è bastato restare in silenzio, senza smentire le indiscrezioni.
Il risultato è stato scontato: miliardi di euro andati in fumo. Dietro il gioco della speculazione (che ci sta in finanza), e dei guardiani dei mercati (che non ci sta se sono di parte e imparziali) si muove però dell’altro: si muove il tentativo di tornare a condizionare le scelte di governo di questo Paese. Ai mercati un governo, meglio se fragile e attento ai desiderata di Wall Street e di Berlino, serve da morire. Chi tassa i conti correnti, come è capitato a Cipro, se a Palazzo Chigi non c’è nessuno? Siamo sudditi. Ma Moody’s non può essere il nostro re.