Non fosse stato un calciatore, non ne avremmo nemmeno sentito parlare. La vicenda di Stephane Omeonga è diventata pubblica solo perché riguarda una persona con abbastanza visibilità. Se si fosse trattato di uno straniero qualsiasi – per di più nero – sarebbe stato relegato a una breve notizia su qualche giornale locale, tra la cronaca e il dimenticatoio. Ma Omeonga è un volto conosciuto, ex Genoa, oggi nella serie B israeliana con il Bnei Sakhnin, e il video postato sui social rende difficile ignorare quanto accaduto.
Un Natale da incubo: l’arresto di Stephane Omeonga
È il giorno di Natale, 25 dicembre 2024. Stephane Omeonga si trova su un volo in transito a Fiumicino, diretto a Tel Aviv. La giornata, che avrebbe dovuto trascorrere in tranquillo spostamento, prende una piega drammatica quando uno steward lo avvicina per segnalare un presunto problema con i suoi documenti. Fiducioso nella loro validità, Omeonga chiede spiegazioni. Le risposte non arrivano, ma l’escalation sì. Dopo una lunga attesa, viene chiamata la polizia. Due agenti salgono a bordo e lo conducono con la forza giù dall’aereo.
Nel video pubblicato dal calciatore sui social, si vede il momento in cui viene prelevato. Tuttavia, secondo quanto raccontato dallo stesso Omeonga, è lontano dalle telecamere che si sarebbe consumata la parte più grave. “Lontano dalla vista dei testimoni, la polizia mi ha violentemente gettato a terra – continua il racconto via social del calciatore -, mi ha picchiato e uno di loro ha premuto il ginocchio contro la mia testa. Sono stato poi portato in un veicolo della polizia, ammanettato come un criminale, fino all’aeroporto. È arrivata un’ambulanza, ma io, in stato di choc, non ero in grado di rispondere alle domande dei paramedici. Poco dopo, dalla radio dell’auto della polizia ho sentito dire: ‘Ha rifiutato le cure mediche, va tutto bene’. Questo era completamente falso, ho chiesto di portarmi in ambulanza, spaventato da quello che la polizia poteva farmi”.
La replica della polizia
Le autorità italiane, in risposta, affermano che l’intervento si è reso necessario poiché Omeonga risulterebbe inserito in una “black list” israeliana. Le stessa fonti della polizia hanno spiegato che la Polaria è intervenuta su richiesta del capo scalo e del comandante della compagnia aerea. Prima dell’intervento, immortalato da un video di un passeggero in cui Omeonga viene trascinato a forza giù dal velivolo, riferiscono le stesse fonti, ci sarebbe stata una mediazione di circa 40 minuti. Poi Omeonga è stato portato negli uffici della polaria di Fiumicino e denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Ora rischierebbe un’ulteriore denuncia per diffamazione.
Una vicenda che Omeonga, nel suo lungo post su Instagram, non ha esitato a definire un caso di razzismo.
I rischi di profilazione razziale
La Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI) ha più volte denunciato la profilazione razziale in Italia. Controlli e arresti sembrano colpire in modo sproporzionato persone di origine africana o afrodiscendente. L’episodio di Omeonga, purtroppo, non rappresenta un caso isolato. Ogni anno, molte storie simili si consumano nell’ombra, lontano dai riflettori. La differenza, in questo caso, è che Omeonga ha una piattaforma per far sentire la propria voce.
“Molte persone che mi somigliano non riescono a trovare lavoro, non hanno accesso alle abitazioni o non possono partecipare agli sport che amano, semplicemente perché sono neri”, ha scritto il calciatore, sottolineando come la sua esperienza sia solo una delle tante. Il suo racconto punta il dito contro un sistema che sembra aver normalizzato pratiche discriminatorie e abusi di potere.
L’Italia è stata più volte richiamata dalle Nazioni Unite per episodi di razzismo sistemico. Tuttavia, le denunce sembrano cadere nel vuoto. La storia di Stephane Omeonga, per quanto grave, è anche un monito. Non è solo la vicenda personale di un calciatore, ma il simbolo di una piaga sociale più ampia.