di Nerina Gatti
“Spero che Nino Lo Giudice si costituisca e venga a fare chiarezza” sono le uniche affermazioni che l’ex vicecapo della Direzione Nazione Antimafia Alberto Cisterna vuole rilasciare. Ma oltre alle accuse lanciate dal sedicente pentito detto “il nano”, da qualche giorno, pesano come macigni le parole dell’attuale capo della Mobile di Torino, Luigi Silipo, che confessò al magistrato Roberto Pennisi di esser stato “costretto” a fare quelle nebulose indagini su Cisterna che non hanno mai avuto riscontri. I difensori di Cisterna già nel dicembre 2012 inoltrarono la richiesta che Pennisi venisse sentito dalla procura di Reggio Calabria, perché in possesso di questa inquietante informazione. Ma non ebbero alcuna risposta.
Da qualche giorno la procura reggina dove da poco si è insediato Federico Cafiero de Raho, magistrato simbolo del contrasto ai Casalesi, ha incominciato a valutare le denunce di loro competenze e ad inoltrare gli atti alle altre procure di Catanzaro, Roma e Perugia. Si spera che al più presto gli inquirente sentano Silipo, decorato ex vicecapo della Mobile reggina e soprattutto che le persone citate da Lo Giudice non facciano la fine di Cisterna, il cui nome è stato infangato e la carriera distrutta, sulla base di dichiarazioni che non hanno mai avuto riscontro.
Inquietanti interrogativi
Chi ha costretto Silipo? Chi sono i veri mandanti degli attentati a Reggio Calabria di cui Lo Giudice inizialmente si era autoaccusato? Perché il Csm ha agito così celermente nei confronti di Cisterna, spostandolo dal suo incarico alla Dna? Ma soprattutto perché il magistrato della Dna, Gianfranco Donadio, addetto alle indagini sulle stragi di Palermo interroga Lo Giudice?
Sempre secondo quanto afferma Nino “il nano”, anche l’altro pentito, Consolato Villani, sarebbe stato sottoposto alle pressioni di Donadio per informazioni sulla strage Borsellino. Lo stesso magistrato, fece prelevare dal carcere per un colloquio investigativo, Antonio Cortese, l’uomo che Lo Giudice aveva indicato come l’esecutore degli attentati del 2010. Cortese fu invitato da Donadio ad iniziare una collaborazione con la giustizia.
La lista di persone che ad oggi hanno pubblicamente denunciato di aver subito pressioni da quelli che il “nano” definisce “la cricca inquisitoria” sono dunque: Nino Lo Giudice, il fratello Luciano, Antonio Cortese e il capitano dei Carabinieri Spadaro Tracuzzi, che in due missive, una alla procura di Santa Maria Capua Vetere e una a quella di Catanzaro denunciava di esser stato “invitato” dal capo delle Mobile reggina, Renato Cortese e dal comandante del Ros reggino, Stefano Russo, a fornire riscontri sulle accuse di rapporti illeciti tra Cisterna e i Lo Giudice, per “incastrarlo”. Il capitano però si trovava recluso proprio perché accusato di associazione esterna di tipo mafioso con i Lo Giudice. Fu aperta un’indagine sulla scorta di queste denunce che venne poi archiviata. Certo che ora, dopo la confessione di Silipo qualche approfondimento andrà fatto. Dopo gli strani interrogatori che Donadio, sostituto delegato alle indagini sulle stragi in Sicilia, avrebbe fatto a Lo Giudice, Villani e in seguito Cortese, qualche legittimo interrogativo rimane.
La trattativa Stato-mafia
Alcune risposte potrebbero arrivare dalle dichiarazioni, secretate, che proprio Cisterna ha reso qualche giorno fa ai pm di Palermo che si occupano del processo sulla trattativa Stato-Mafia in cui, secondo indiscrezioni, egli fornisce dettagli sul misterioso intermediario che tra il 2003 e il 2005 si presentò nella sede della Dnaper concordare la consegna di Bernardo Provenzano in cambio di alcuni milioni di euro.
Intermediario che il procuratore capo della Dna Piero Grasso definì inaffidabile. Ma non è dello stesso parere il procuratore generale di Ancona Vincenzo Macrì, all’epoca dei fatti magistrato in Dna, che invece disse:”un uomo che si presenta in Dna con notizie su Provenzano non lo fa per truffare, non gioca col fuoco. Perché in questi casi chi sbaglia paga.”