di Gaetano Pedullà
Oggi la Camera decide se eleggere l’onorevole Daniela Santanchè vicepresidente. Una vicenda minima – persino per la Pasionaria del Pdl che ha già messo le mani avanti, avvisando che non considera questa la battaglia della sua vita – che però nasconde un importante banco di prova per la tenuta della maggioranza, per gli equilibri del Pd in vista del suo congresso e per il parco ornitologico di falchi e colombe in cui oggi è ridotto un Pdl in metamorfosi verso la nuova Forza Italia. L’ultima notte, c’è da giurarci, non dev’essere stata troppo tranquilla per i deputati del Partito democratico che dovranno dire sì alla Santanchè. Roba da contorcersi le budella, per non parlare di come spiegarlo agli elettori. Notte insonne come per quei parlamentari del centrodestra più impegnati a sostenere il governo, che con l’incoronazione della deputata milanese considerata invece tra i consiglieri di Berlusconi più decisi nel chiudere la stagione dell’inciucio iniziata con Monti e proseguita con Letta per capitalizzare elettoralmente la delusione popolare e una certa simpatia riaccesa attorno al leader dopo le ultime sentenze della magistratura e in particolare la condanna “monstre” a sette anni per l’affare Ruby. Per ora Silvio mastica amaro ma inghiotte. Ieri spinto da una manifestazione di solidarietà sotto casa a Villa San Martino, ad Arcore, si è mostrato restando in silenzio. Per ora la linea resta quella di separare le sue vicende giudiziarie dalle sorti del governo. Ma sotto la cenere – nel centrodestra come per altri aspetti nel centrosinistra – i partiti sanno bene di avere ancora poche chance per non farsi mettere in panchina da una rivoluzione silenziosa che ha trasformato il Paese in una Repubblica presidenziale a sua insaputa. Napolitano ha il pallino del governo e di una legislatura col fiato troppo corto. Di creare le condizioni per un governo forte, tornando al voto, per ora non se ne deve parlare proprio.