I Cinque stelle l’avevano detto in tempi non sospetti e ora arriva concretamente la scure. Oggetto del taglio le “pensioni d’oro” dei sindacalisti. Attraverso un emendamento al decretone, infatti, è arrivato l’annunciato taglio dei privilegi pensionistici dei sindacalisti.
Fin dalla scorsa estate il vicepremier Luigi Di Maio aveva promesso interventi perché con le norme attuali i sindacalisti “possono avere una pensione di privilegio”. L’emendamento, presentato in commissione Lavoro al Senato, prevede la modifica del metodo di calcolo dell’assegno, disponendo che il trattamento pensionistico dei lavoratori impegnati in attività sindacali sia uguale a quello della categoria professionale di riferimento.
Qualche anno fa l‘Inps ha calcolato che se la pensione lorda dei sindacalisti venisse conteggiata applicando le stesse regole dei dipendenti pubblici sarebbe più bassa, in media, del 27%, con punte che arrivano fino al 66. Al fine di ”correggere le storture” si chiede di rivedere i criteri per il conteggio dei contributi figurativi (che sono a carico della gestione previdenziale di appartenenza) negli anni dell’aspettativa sindacale.
Per i lavoratori collocati in aspettativa sindacale, spiega una nota che accompagna l’emendamento, le retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della pensioni “sono commisurate alla media delle retribuzioni percepite negli ultimi cinque anni precedenti al momento del collocamento in aspettativa e di volta in volta adeguate in relazione alla dinamica salariale e di carriera della categoria e qualifica professionale posseduta dall’interessato”.