La sua ultima fatica, in libreria da qualche giorno, si intitola “La scuola dei talenti”. Ma quella sognata dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, è più che altro “la scuola delle disuguaglianze”. Valditara ogni volta che tira fuori una proposta divide il mondo della scuola, docenti, presidi, sindacati, partiti. Il suo peccato originario è la matrice leghista delle sue stesse idee. Così era per l’ipotesi di una differenziazione tra gli stipendi dei professori a seconda di dove vivono e lavorano, tenendo conto del costo della vita. E dunque il ritorno, benché il ministro abbia smentito, alle vecchie gabbie salariali.
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara ha lanciato l’idea di classi separate per gli alunni stranieri
Così per l’idea di classi separate per gli studenti stranieri, lanciata ieri in un’intervista a Libero. Nei paesi dell’Unione europea – ha spiegato Valditara – esistono tre modelli: in alcune nazioni gli stranieri vengono inseriti direttamente nelle classi ordinarie, in altre gli studenti provenienti dall’estero seguono per un certo periodo un’offerta scolastica distinta (‘classi di accoglienza’ o ‘di transizione’). In molti Paesi infine viene utilizzato un approccio combinato tale per cui gli alunni seguono alcune lezioni nella classe ordinaria e altre nell’ambito di un’offerta separata. L’Italia è nel primo gruppo, assieme a Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Germania e Francia hanno un sistema misto-flessibile, cioè si frequenta solo una parte delle lezioni nelle classi ordinarie. Poi ci sono Paesi più rigidi. L’idea di Valditara è che “ogni scuola dovrebbe verificare all’atto di iscrizione le competenze dei ragazzi immigrati. Dopodiché dovremmo lasciare alle scuole la scelta fra i tre percorsi. La prima possibilità ovviamente è quella dell’inserimento tout court nelle classi esistenti, se il tasso di apprendimento della lingua italiana è buono. Se invece ci sono dei deficit molto rilevanti dovremmo pensare a due soluzioni alternative. Il ragazzo straniero viene inserito come tutti in una determinata classe, tuttavia le lezioni di italiano ed eventualmente anche quelle di matematica le frequenta in una classe di accompagnamento con docenti specializzati e una didattica potenziata”.
M5S e Pd contrari: no ai ghetti
L’altra ipotesi potrebbe prevedere di “seguire al pomeriggio attività obbligatorie di potenziamento linguistico extracurricolare. Ovviamente prima di introdurre queste soluzioni occorre avviare un confronto ampio, tenendo sempre presente che per noi l’autonomia scolastica è un punto fermo”. Per Irene Manzi, responsabile scuola del Pd, “con le classi separate o di transizione si strizza l’occhio al proprio elettorato con una proposta ideologica”.
“La proposta del ministro Valditara è irricevibile. Un’idea che dimostra la totale distanza del ministro dalla realtà scolastica. Più che classi di transizione per le ragazze e i ragazzi con background migratorio, Valditara ascolti la scuola e dia risposte concrete, con risorse adeguate: servono mediatori e mediatrici culturali, rafforzare l’organico dove c’è più bisogno, supporto scolastico e lezioni di lingua italiana per stranieri L2. Così si affronta una questione seria, non con la propaganda”, dichiara Cecilia D’Elia, senatrice Pd e capogruppo in Commissione Scuola. Il M5S parla di ghetti. “In Italia esiste un problema di inclusione e di dispersione che riguarda in gran parte gli studenti stranieri, ma la separazione vagheggiata da Valditara rischia di creare danni maggiori di quelli già esistenti”, dicono i capigruppo M5S in commissione cultura alla Camera e al Senato Antonio Caso e Luca Pirondini.
“Valditara parla di test di ingresso, ma non si capisce esattamente a quale platea si rivolgerebbe questa misura. Ma soprattutto: non crede Valditara che riservare lezioni separate a gruppi di studenti possa portare a ‘ghetti’ in ciascuna scuola, con la conseguenza di ostacolare l’apprendimento informale della lingua italiana, che chi conosce la scuola sa essere importante tanto quanto l’apprendimento formale perché produce integrazione reciproca? E ancora: se un alunno non raggiunge il livello di competenza richiesto che fine fa? Resta in classe separata all’infinito? E infine: che risorse intenderebbe stanziare il ministro per promuovere ed incrementare l’inclusione? Perché non parla di aumentare già adesso i fondi su questo fronte, soprattutto per gli istituti che si trovano in zone a forte immigrazione?”.
Fermamente contraria a ipotesi di classi differenziali è la Cgil. Ad accogliere favorevolmente la proposta di Valditara è l’Associazione nazionale presidi (Anp). “C’è una difficoltà linguistica importante, soprattutto nelle scuole superiori – ha detto Cristina Costarelli, preside al Newton di Roma e presidente Anp Lazio, all’Ansa – per cui auspichiamo che queste iniziative preannunciate dal ministro siano attuate a breve”.